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L’INFLUSSO DELLA COSCIENZA SUL CONCETTO DI TEMPO – Capitolo 2 –

SCIENZA E FILOSOFIA: UN BINOMIO INDISSOLUBILE
Eraclito, il filosofo del “divenire”.  Il tempo è sempre stato un argomento centrale del pensiero filosofico e dell’indagine scientifica suscitando, nel corso dei secoli, interessi e giudizi spesso contrastanti.
Nell’antichità, il concetto di tempo si risolveva in un continuo “divenire” ossia come un ordine cronologico di eventi che si ripetevano con l’alternanza del giorno e della notte, delle stagioni, dei secoli e così via.

Eraclito, il filosofo del “divenire”

L’interprete più autorevole di tale teoria era Eraclito di Efeso per il quale il mondo era un flusso perenne in cui “tutto scorre (panta rei), analogamente alla corrente di un fiume le cui acque non sono mai le stesse”.
Ogni cosa, insomma, per “il filosofo del divenire”, era soggetta al tempo ed alla trasformazione, facendo apparire statica ed immobile una realtà in continuo movimento.
Conseguenza inevitabile di tale asserzione era il principio che nulla era sacro, immortale o eternamente immutabile, neanche Dio !
Il pensiero di Eraclito ci è giunto frammentario, forse per questo motivo ancora oggi la sua “enigmaticità” solleva dispute importanti nella speculazione teoretica-metafisica occidentale.
Il concetto dell’anima in Pitagora e Platone. La visione di un divenire ciclico infinito ed inesauribile all’interno di una teoria ateo-materialistica quale era stata prospettata da Eraclito, presentava singolari affinità con un’altra di ispirazione mistico-spirituale riconducibile a due altri grandi filosofi a lui quasi contemporanei: Pitagora di Samo e Platone.
La loro dottrina sul versante della percezione del tempo, di origine orientale ed ispirata all’orfismo, era imperniata

Pitagora di Samo

sull’idea dell’immortalità dell’anima attraverso la “metempsicosi”.

Secondo tale tesi, dopo la morte fisica del corpo, l’anima trasmigrava per esplorare altri mondi (il mondo dell’iperuranio, secondo Platone), raccogliere idee  e valori e reincarnarsi in altri corpi di esseri viventi (anche in piante ed animali).
Per la qual cosa, in virtù del bene e del male compiuti nelle vite precedenti, l’anima si inseriva in uno stadio superiore o inferiore di vita spiegando, in tal modo, l’innatismo delle conoscenze ossia la ragione per cui esiste un livello diversificato di saggezza e di intelligenza tra gli esseri umani.

Platone

I protagonisti della “rivoluzione astronomica”: Copernico, Galilei, Newton.
Tralasciando, per motivi di spazio, gli innumerevoli altri pensatori dell’antichità che si sono cimentati sulla questione che ci occupa, in epoca moderna, a far data in particolare dal Rinascimento, con lo scossone provocato dalla cosiddetta “Rivoluzione astronomica” nel campo delle idee, si imponeva una concezione scientifico-naturalistica del tempo che trovava soprattutto in Galileo Galilei e Isaac Newton i suoi più validi esponenti.   Prima di loro, già Niccolò Copernico aveva messo in discussione non solo la massima autorità filosofico-scientifica del passato (Aristotele) ma anche la parola di Dio (la Bibbia).

Galileo Galilei

 

Galilei e Newton, però, andavano oltre con la discussione tra “tempo assoluto”, oggettivo cioè reale ed effettivo perchè misurabile con appositi strumenti, quali l’orologio, il pendolo, ecc. e “tempo relativo”, soggettivo cioè interiore e non misurabile con congegni di precisione matematica.

Niccolò Copernico
Isaac Newton

La fisica sperimentale tracciata da Galilei e Newton, con la conseguenziale concezione meccanicistico-materialistica del tempo, apriva un lungo percorso di studio tra autorevoli menti.
L’intuizione di Kant e la teoria della relatività di Einstein.

Il filosofo tedesco Immanuel Kant, nella sua celebre opera “Critica della ragion pura”, confutava sia la visione empiristica, che considerava spazio e tempo come nozioni tratte dall’esperienza, sia quella oggettivistica che li considerava  come entità a se stanti.
Per il filosofo di Konisberg il tempo rappresentava la maniera universale attraverso la quale si percepivano tutti gli oggetti.  Per cui, “…se non ogni cosa è nello spazio, ad esempio i sentimenti, ogni cosa è però nel tempo, in quanto tutti i fenomeni in generale ossia tutti gli oggetti dei sensi, cadono nel tempo…”.

Immanuel Kant


L’intuizione kantiana basata sulla stretta relazione di interdipendenza spazio-temporale, esposta in sede teoretico-metafisica, veniva riproposta e riformulata in sede scientifica da Albert Einstein attraverso la famosa teoria della relatività del tempo oggettivo in base alla quale l’ordine di successione enunciato da Kant non era nè unico nè assoluto.
Per Einstein, infatti, non esisteva un sistema di riferimento particolare per misurare il tempo in quanto esistevano infiniti punti o spazi dell’universo nei quali la scansione del tempo (reale e oggettivo) poteva essere calcolata in termini matematici diversi dalla realtà spazio-temporale terrestre.   Come a dire che il nostro anno solare, e cioè il tempo occorrente al nostro pianeta per orbitare attorno al sole, poteva corrispondere ad un tempo diverso, un’ora o un minuto, in un altro punto cosmico.

Albert Einstein

Tempo e coscienza: la visione di Bergson.  La visione cosiddetta scientifica del tempo veniva criticata da una corrente di pensiero, il cui capostipite era il filosofo francese Henry Bergson, la quale, partendo da una riflessione di Sant’Agostino,  identificava il tempo con la nozione di “coscienza” e di “soggettività”.
Nel suo “Saggio sui dati immediati della coscienza”, Bergson, equiparando il decorso del tempo vissuto con la durata, affermava che esso non era percepibile mediante l’intelligenza bensì mediante la memoria e la coscienza.
La scienza incorreva, secondo il filosofo francese, nell’errore di considerare il tempo “spazializzato”, cioè rappresentato come una serie successiva di istanti che secondo un ordine cronologico scorrevano nella progressione passato-presente-futuro come fossero dei punti su una linea.
Questa, però, era una falsa rappresentazione della realtà perchè, ad avviso di Bergson, il tempo doveva essere considerato un movimento perpetuo e non un susseguirsi di segmenti, opera dell’intelligenza.

Henry Bergson

L’atto intellettivo, infatti, presupponeva la spazialità prima ancora della temporalità perchè il pensare comportava concettualmente il distinguere e la distinzione, a sua volta, abbisognava della spazialità.
Gli istanti che si succedono sono differenti qualitativamente e non solo quantitativamente come affermava la scienza.
L’orologio, per esempio, diceva Bergson, era il simbolo della concezione scientifica del tempo: ogni secondo, ogni ora che passa, per la scienza ha lo stesso valore perchè per la scienza conta l’aspetto quantitativo.  Ci sono, invece, secondo Bergson, tempi diversi qualitativamente, quali l’attesa, il desiderio, il ricordo, eccetera, che ogni individuo percepisce in modo personale, interiore, diverso dagli altri individui e perciò il tempo della scienza poteva essere valido per i fenomeni fisici ma non anche per la vita interiore dell’uomo che è soggetto ad un tempo vissuto di natura differente da quello concepito dalla scienza.
Il tempo “spazializzato” della scienza trovava la propria ragion d’essere in virtù dei profondi mutamenti del “modus vivendi” del genere umano imposti dal progresso tecnologico e socio-culturale soprattutto a partire dall’inizio del Novecento.
Il telefono, l’urbanizzazione, lo sviluppo dell’economia, il sistema dei trasporti e, in particolare, delle ferrovie avevano reso necessario un metodo universale del tempo, finalizzato alla coordinazione della vita nel mondo intero.
Nel 1912 a Parigi, la Conferenza Internazionale sul Tempo si era svolta per rendere uniformi i segnali orari da trasmettere nel mondo; ciò rispondeva ad un’esigenza pratica estrinsecantesi nella necessità di ordine e stabilità.   In questo caso, nella visione del filosofo francese, ci si trovava di fronte ad un tempo astratto che imponeva la distinzione fra passato, presente e futuro con una progressione regolare e continua.   Nella durata, invece, o tempo vissuto, un minuto poteva essere più lungo di un’ora in ragione di un determinato fatto di coscienza inquadrato in una visione del tutto soggettiva.
La scienza, pertanto, non poteva arrogarsi la pretesa di disciplinare tutte le dimensioni della vita umana, e quindi anche il tempo, con il ferreo determinismo della matematica e della fisica.
La coscienza dell’uomo, al di là della fredda concezione scientifica dell’identità del tempo, presentava per Bergson ininterrottamente momenti che non erano mai identici perchè il momento successivo conteneva sempre, in più del precedente, il ricordo che quest’ultimo aveva lasciato di sè.
L’eterno ritorno di Nietzsche.  In opposizione a quella rettilinea di tipo cristiano-moderno, si andava sviluppando, intanto, un’altra visione ciclica del tempo che rifiutava la sua concezione lineare come successione di momenti in cui ognuno aveva senso solo in funzione degli altri, “…quasi che ogni attimo fosse un figlio che divora il padre (=il momento che lo precede), essendo destinato a sua volta ad essere divorato dal proprio figlio (=il momento che lo segue).
Questa nuova visione trovava in Nietzsche il suo grande sostenitore e veniva definita “dell’eterno ritorno” perchè secondo tale dottrina tutte le realtà e gli eventi del mondo erano destinati a ritornare identicamente infinite volte.
Pur configurandosi come una delle problematiche più complesse della critica nietzschiana, la tesi dell’eterno ritorno spiegava che il senso dell’essere non stava fuori dell’essere, ma nell’essere stesso e che, disporsi a vivere ogni attimo della vita come coincidenza di essere e senso significava partecipare ad un gioco creativo avente in se medesimo il proprio senso appagante.
Il concetto lineare del tempo presupponeva per Nietzsche la mancanza di felicità esistenziale perchè nessun momento vissuto aveva in esso una pienezza autosufficiente di significato; il concetto dell’eterno ritorno, al contrario, realizzava “la felicità del circolo” perchè permetteva di vivere come se tutto dovesse ritornare.
Ma non tutti gli uomini, secondo il filosofo di Rocken, erano capaci di decidere l’eterno ritorno: l’uomo dei suoi tempi soffriva la scissione tra senso ed esistenza e concepiva il tempo come una tensione angosciosa verso un compimento sempre di là da venire.  Solo un “oltre-uomo” poteva collocarsi nella prospettiva dell’eterno ritorno, accettare la vita rifiutando la morale tradizionale e operando una trasvalutazione di valori.
Con sfumature diverse, più tardi Martin Heidegger parlerà anche lui del tempo come una sorta di circolo in base al quale “…ciò che si prospetta in avvenire, in quanto possibilità e/o progettualità, è già stato, e a sua volta ciò che è già accaduto in passato è ciò che si prospetta in futuro: in tal modo, il cerchio si chiude e ricomincia, rinnovandosi e perpetuandosi nell’eternità…”.

Martin Heidegger

(Nel prossimo Capitolo: LA VARIABILE TEMPORALE NELL’ARTE)


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Il Cammino del Benevento

ANCORA UNA SCONFITTA, LA MALEDIZIONE CONTINUA

Il Benevento perde anche a Bergamo e continua l’umiliante striscia negativa che allontana sempre più il miracolo della salvezza.
Priva dell’infortunato Ciciretti e dello squalificato Letizia,  la formazione di De Zerbi scende in campo con Djmsiti (il migliore del Benevento) al posto di Antei e Del Pinto in sostituzione di Viola mentre Lazaar e Perugini restano a casa per divergenze   con l’allenatore.
Lo schieramento difensivistico degli stregoni con azioni di rimessa regge bene nel primo tempo creando anche qualche azione pericolosa con Armenteros anche se Gomez sulla fascia sinistra fa il bello e cattivo tempo imbambolando continuamente Venuti in chiara difficoltà.
Nella ripresa la partita si mantiene sui binari dell’equilibrio fino a quando non si verificano gli avvicendamenti.  Questi ultimi favoriscono sicuramente l’Atalanta  che aumenta progressivamente il baricentro della propria azione e grazie ad un pallone perso a centrocampo dai sanniti segna la rete della vittoria con Cristante con un tiro da fuori area non irresistibile ma che, forse, coglie impreparato Brignoli troppo sbilanciato dalla propria linea di porta.
Ci sarebbe ancora tempo per rimediare ma la reazione del Benevento pecca in fase offensiva dove Puscas, subentrato ad Armenteros, sembra troppo solo.  De Zerbi prova a cambiare: ci si aspetta un altro attaccante a dargli manforte ma invece fà entrare Memushaj, un centrocampista, e la partita si spegne, inevitabilmente.
Il Tabellino
Atalanta – Benevento 1-0

FORMAZIONI: Atalanta – Berisha, Toloi (dal 52′ Ilicic), Caldara, Masiello, Castagne, De Roon, Freuler, Hateboer, Cristante, Gomez (dal 90′ Palomino), Cornelius (dal 60′ Petagna).  All. Gasperini.
Benevento – Brignoli, Venuti, Di Chiara, Dijmsiti, Costa, Chibsah (dall’80’ Memushaj), Del Pinto, Cataldi, Lombardi, Armenteros (dal 46′ Puscas), D’Alessandro (dal 66′ Kanoutè).  All. De Zerbi.
Arbitro: Pasqua di Tivoli
Rete: Cristante (75′)
Note: Serata fredda, terreno in ottime condizioni. Ammoniti Costa, Venuti, De Roon. Angoli 9-3 per l’Atalanta.

Atalanta-Benevento 1-0
Cristante segna il gol della vittoria.
(Foto da “gazzetta.it”)

 

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L’INFLUSSO DELLA COSCIENZA SUL CONCETTO DI TEMPO – Capitolo 1 –

UNA CATEGORIA CONCETTUALE RIDOTTA A STEREOTIPI E LUOGHI COMUNI.

Nonostante sia ormai familiare nei nostri discorsi e nel nostro vivere quotidiano, il concetto del tempo come durata riesce difficile da spiegare.
Una delle ragioni di questa difficoltà è rappresentata dai molteplici significati che la categoria assume, qualcuno caratterizzato da una rozza ovvietà e da un uso corrente che rasenta l’insensatezza.
Ci limitiamo ad alcuni esempi tipici di espressioni che prolificano nel linguaggio di tutti i giorni e che fanno parte del nostro abituale discorrere.
Ammazzare il tempo”.  L’espressione “Ammazzare il tempo” con la quale si vuol definire l’utilizzo malevolo del proprio tempo in occupazioni insulse o poco edificanti, in mancanza di interessi degni di considerazione, finisce con l’annichilire la stessa persona che “ammazza il tempo”, riducendola ad un essere depresso, ansioso, poco incline all’azione.
Subentra, insomma, l’accidia, uno dei “vizi capitali” additati in chiave negativa dalla tradizione giudaico-cristiana.
E non a caso, Dante Alighieri relega gli accidiosi in un girone della sua “Divina Commedia”.

Dante Alighieri.
Il “sommo Poeta” regela gli accidiosi in un girone della sua “Divina Commedia”.

E’ proprio con questo significato che va intesa la citata espressione e non nell’acczione di ozio, così come concepito dalla cultura classica greco-romana che, su ispirazione della migliore tradizione epicurea, costituiva fondamentalmente il “modus vivendi” del ricco padrone di schiavi, del patrizio romano, in una parola della persona agiata che non era costretto a lavorare per vivere ma coltivava
“l’otium” perchè aveva tutto il tempo a disposizione per dedicarsi alla bella vita e ad un’esistenza in occupazioni divertenti.
“Il tempo è denaro”. Un altro luogo comune è quello che recita:”Il tempo è denaro”, generalmente usato dai signori della finanza e dagli uomini d’affari che sfruttano il lavoro sociale delle classi meno abbienti mettendo in secondo piano il vero valore del tempo eistenziale che è quello dell’aspetto estetico-spirituale con le sue sfumature del piacere, della bellezza, della cultura, della felicità, suscettibili di generare stimoli, entusiasmo, voglia di vivere.
Non ci soffermiamo, ovviamente, sulle innumerevoli espressioni riguardanti il tempo atmosferico, del tipo “Che tempo fa oggi?”, “Non ci sono più le stagioni di una volta”, ecc., spesso oggetto di conversazioni banali che denotano l’incomunicabilità tipica dell’uomo moderno.

(Nel prossimo Capitolo:”SCIENZA E FILOSOFIA: UN BINOMIO INDISSOLUBILE”)


 

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Il Cammino del Benevento

IL BENEVENTO NON SALVA NEANCHE LA FACCIA

Ennesima sconfitta del Benevento, forse la più amara se si considera che dopo i segnali di ripresa col Cagliari e con la Juventus avrebbe dovuto costituire la partita della rincorsa alla salvezza.
Ma stavolta, purtroppo, non c’è nulla da eccepire: gli stregoni non salvano neanche la faccia ed alla fine il Sassuolo dimostra di meritare la vittoria.
E non è neanche lecito invocare la sfortuna per una rete arrivata al 94′ o per l’espulsione ingenua di Letizia che ha costretto gli uomini di De Zerbi a giocare in inferiorità numerica per gran parte della ripresa.
I ragazzi di mister Bucchi sono apparsi più determinati, più volenterosi, in una parola “più squadra” rispetto al Benevento che davanti al proprio pubblico ed al cospetto di un avversario alla sua portata, perlomeno sulla carta, avrebbe dovuto tirar fuori gli artigli e conquistare i primi punti “storici” in serie A.  La prestazione, invece, è stata deludente proprio sul piano del carattere, della grinta, quelle peculiarità che hanno contraddistinto la “terribile matricola” in serie B e che sembrava De Zerbi volesse ed avesse ritrovato con la sua gestione.
Sul piano tecnico, i limiti dei giallorossi sono stati ancora più evidenti.  Essi si sono manifestati soprattutto con le leggerezze di Brignoli,  le ingenuità di Letizia e Costa, la scarsissima lucidità di Chibsah.
Il primo ha grosse responsabilità in occasione del primo gol di Matri quando ha servito in area, con una sprovvedutezza incredibile, un giocatore del Sassuolo che ha permesso all’attaccante di appoggiare tranquillamente la palla in rete. Ma anche in altre occasioni Brignoli ha creato sconquassi.
Letizia, sotto gli occhi dell’arbitro, ha platealmente commesso fallo su un avversario meritando la seconda ammonizione e, quindi, inevitabilmente il cartellino rosso mentre Costa, tra le altre cose, ha smanacciato in area un pallone con un gesto tanto inutile quanto eclatante che il direttore di gara ha punito giustamente con la massima punizione, poi fallita da Berardi.  Irriconoscibile anche Chibsah, lontano mille miglia dall’atleta ammirato in serie B, che ha fallito sotto rete un paio di clamorose opportunità.
Dopo un primo tempo senza grosse emozioni da una parte e dall’altra, la ripresa  rivela i veri valori in campo: nei primi minuti di gioco il Sassuolo fallisce tre grosse occasioni da rete prima di passare in vantaggio con Matri e di ringraziare Brignoli per il “favore” ricevuto.
L’espulsione di Letizia serve forse a sollevare una timida reazione del Benevento che gioca meglio in inferiorità numerica e pareggia con Armenteros.  Ma col passare dei minuti si capisce subito che Ciciretti e compagni devono accontentarsi del pareggio : subiscono la pressione degli ospiti che colpiscono un palo, poi falliscono un calcio di rigore ed alla fine, al 94′, realizzano la rete della vittoria.
Che dire di più ?  Fà male scrivere certe cose ma dopo la tredicesima sconfitta di fila non ci sono parole che possano confortare il povero tifoso che ormai spera solo che Babbo Natale possa portare un pò di dolce in quest’amaro torneo…
Il Tabellino
Benevento-Sassuolo 1-2

FORMAZIONI: Benevento – Brignoli, Letizia, Antei, Costa, Di Chiara, Chibsah (dal 67′ Venuti), Viola, Cataldi, Ciciretti (dal 90′ Lazaar), Armenteros, D’Alessandro (dal 62′ Parigini). All. De Zerbi.
Sassuolo – Consigli, Gazzola, Cannavaro, Acerbi, Peluso, Biondini (dal 62′ Sensi), Magnanelli (dal 90′ Falcinelli), Missiroli, Politano, Matri, Ragusa (dal 72′ Berardi).  All. Bucchi.
Arbitro: Paolo Silvio Mazzoleni di Bergamo
Reti: Matri (57′), Armenteros (65′), Peluso (94′)
Note: Ammoniti Letizia, Costa, Armenteros, Magnanelli. Espulso Letizia per doppia ammonizione.  Berardi ha calciato sulla traversa un calcio di rigore.

Benevento-Sassuolo 1-2.
Matri, autore del primo gol del Sassuolo
(foto lapresse)

 

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Esoterismo

L’USO DELLA METAFONIA NEI CONTATTI CON L’ALDILA’

La metafonìa è l’uso di strumenti tecnici finalizzati a captare parole e frasi di senso compiuto provenienti dal mondo cosiddetto ultraterreno.  E’ questa la definizione comunemente accettata da chi si occupa di fenomeni paranormali.
Gli strumenti usati possono essere il registratore, la radio, il computer ma di recente si è diffuso l’utilizzo di svariati programmi applicati al cellulare: “echovox”, “spirit-box” sono i più in voga e su internet la casistica riguardante tale tematica è abbastanza ampia.
Il primo ad occuparsi di metafonìa fu negli anni Cinquanta il produttore cinematografico svedese Friedrich Jurgenson, nominato nel 1969 Cavaliere dell’Ordine di S. Gregorio da Papa Paolo VI, suo amico, che lo incoraggiò nei suoi esperimenti.
Successivamente altri proseguirono la ricerca sulla base di strumentazioni dell’epoca: ricordiamo,a titolo esemplificativo, Kostantin Raudive, romanziere e filosofo lettone che testimoniò nelle sue pubblicazioni migliaia di voci provenienti dall’aldilà, Gebhard Frei, co-fondatore dello Jung Institute e noto parapsicologo la cui voce dopo la sua morte avvenuta nel 1967 venne riconosciuta in numerose registrazioni dal prof. Peter Hohenwarter dell’Università di Vienna.
In Italia, tra i più noti ricercatori in questo campo sono i coniugi Desideri, Gigliola Della Bella e, soprattutto, Marcello Bacci, nato a Grosseto nel 1927, che ancora oggi continua la sua ricerca dopo aver ottenuto numerosi riconoscimenti internazionali.
La Chiesa Cattolica è stata sempre refrattaria alla diffusione di tale pratica citando il passo biblico del Deuteronomio che condanna l’interrogazione degli spiriti e la negromanzia.
A tale proposito, però, è fondamentale sottolineare che la negromanzia ricorre all’interrogazione dei morti per ottenere vantaggi materiali e terreni, finalità tutte che non hanno nulla a che vedere con la metafonìa che, al contrario, viene usata per aiutare le persone in lutto affrante dalla perdita dei loro cari, per sostenere con le preghiere le anime dei defunti, per ricevere messaggi di elevati insegnamenti spirituali e le persone che si dedicano a tale pratica lo fanno senza fini di lucro, con spirito di ricerca, di approfondimento, di studio.
Tra l’altro, è il caso di rilevare che il passo biblico citato poc’anzi proviene dalla Legge Mosaica.
Lo studioso Claudio Pisani nel suo sito www.ampupage.it afferma, tra l’altro, che “…Chiunque
crede che la Legge Mosaica si dovrebbe applicare alla medianità dovrebbe anche mangiare cibo Kosher, non comprare nulla nè guidare l’auto di sabato.  Se non si rispetta TUTTA la Legge Mosaica, allora nessuno può sostenere che la medianità è vietata dalla Bibbia… I demoni non propugnano una religione che afferma che ci si guadagna il Cielo con le buone opere. Perchè mai essi dovrebbero incoraggiarci a fare opere buone?”.
Per fortuna anche la Chiesa Cattolica sembra cambiare pian piano orientamento su tale problematica. Oltre al papa Paolo VI ed al Rev.Prof.Dott. Gebhard Frei, di cui abbiamo parlato sopra, numerosi teologi e rappresentanti del Vaticano si sono espressi favorevolmente nei riguardi della metafonìa e dei contatti con gli spiriti in particolare.  Anche qui citiamo solo alcuni illustri pensatori a titolo esemplificativo perchè l’elenco sarebbe davvero lunghissimo e gli episodi che riguardano le loro persone potrebbero risultare noiosi: padre Pellegrino Ernetti, padre Gemelli, padre Gino Concetti,
padre Leo Schmid, padre Andreas Resch
(quest’ultimo, oltre a condurre esperimenti in prima persona, tenne corsi di parapsicologia presso la scuola sacerdotale del Vaticano a Roma), Peter Bander, ecc.ecc.
Del resto, credere nella metafonìa come ad un fenomeno scientifico di fronte ad indiscusse prove in materia di vita dopo la morte, serve a convertire la mente degli atei.  E molti atei si sono convertiti anche in questo modo!
Dappertutto si registra un profondo risveglio spirituale e le associazioni che si occupano del paranormale ed, in particolare, della metafonìa proliferano.
Anche nella Nostra città di Benevento da qualche anno opera un’associazione che sta crescendo in maniera esponenziale dedicandosi a tali fenomeni con sempre maggiore professionalità e serietà: il C.I.S.P. (Centro di Indagine e di Studio sul Paranormale) fondato dal libero pensatore Egidio De Grosso, che annovera tra le sue fila l’ormai esperta di metafonìa, Giusy De Nigris, che, spinta soprattutto da motivazioni emozionali per vicende strettamente personali, in pochi mesi ha fatto passi da gigante nella ricerca distinguendosi come punto di riferimento fondamentale per chiunque, non solo all’interno dell’associazione, voglia saperne di più sull’argomento.
La metafonìa, perciò, non è negromanzia, non è interrogazione dei morti nè evocazione: è ricerca, conforto spirituale, conoscenza.

Marcello Bacci

 

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Il Cammino del Benevento

JUVENTUS-BENEVENTO 2-1: HANNO SCRITTO DI NOI

“CICIRETTI METTE PAURA, POI HIGUAIN E CUADRADO.   CAMPANI AVANTI AL 19′ CON CICIRETTI: IL PIPITA PAREGGIA SOLO AL 12′ DELLA RIPRESA, POI IL COLPO DI TESTA DEL COLOMBIANO.   Aveva ragione Massimiliano Allegri: mai fidarsi delle piccole, soprattutto se sono neopromosse in A e hanno zero punti.   D’altronde Benevento è la città delle streghe e la squadra di De Zerbi infatti spaventa la Juventus per quasi un’ora con una punizione di Ciciretti, prima di arrendersi alla superiorità dei padroni di casa, che ristabiliscono le gerarchie con la coppia Higuain-Cuadrado.   Chi si aspettava la goleada, però, ha sbagliato indirizzo: Juve pratica e vincente ma non ancora scintillante, che supera l’Inter e approfitta del pari del Napoli col Chievo per portarsi a -1 dalla vetta…” (da “gazzetta.it”).

“I BIANCONERI VINCONO SOFFRENDO IN RIMONTA. A SORPRESA SEGNA CICIRETTI SU PUNIZIONE.  VALANGA DI OCCASIONI FALLITE NEL PRIMO TEMPO POI NELLA RIPRESA CI PENSANO HIGUAIN E CUADRADO.    (…) Gli applausi così sono tutti per un bel Benevento, che resta però solitario a zero punti.  La gara è a senso unico, con la Juve in costante pressione e il Benevento raccolto e ordinato a contenere.  Douglas Costa coglie palo e traversa in due minuti, ma alla prima occasione i campani passano.  E’ perfetta la punizione dai venti metri a giro di Ciciretti, che fulmina Szczesny immobile e fa sognare i duemila tifosi giallorossi allo Stadium…” (da “corriere.it”).

Juventus-Benevento 2-1
Ciciretti esulta dopo il gol
(Foto Lapresse)

 

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Il Cammino del Benevento

BENEVENTO A TESTA ALTA DALLO “STADIUM”

Il Benevento ha rischiato di rovinare la festa alla Juventus che soffre per circa un’ora prima di aver ragione dei tenaci sanniti che finalmente, con una gara accorta e gagliarda, tengono testa ai più blasonati avversari e tirano fuori grinta e carattere tanto reclamati dai tifosi.
E’ questo il Benevento che vogliamo anche se ha inanellato la dodicesima sconfitta consecutiva in altrettante partite.  Ma è una sconfitta onorevole che, forse, con un pizzico di fortuna in più avrebbe anche potuto tramutarsi in un risultato positivo.
Chi si aspettava una goleada dei campioni d’Italia contro un Benevento remissivo e cedevole si è dovuto ricredere: lo si è visto subito quando i giallorossi sono scesi in campo decisi a ben figurare e senza alcun timore reverenziale. Evidentemente, De Zerbi ha preparato bene la partita in questi ultimi giorni dando una strigliata ai suoi il cui approccio alla gara è stato molto diverso dagli altri finora evidenziati.
Guardando al risultato finale (2-1) è d’obbligo porsi un interrogativo: la Juventus ha sottovalutato troppo gli avversari o sono stati i giallorossi a dimostrare che quando c’è volontà si può anche competere con le grandi?  Ci auguriamo, ovviamente, che la seconda ipotesi sia quella più giusta perchè ciò significherebbe che la tanto agognata salvezza non sia poi una chimera.
Comunque, fatto sta che le emozioni provate oggi sono difficili da dimenticare.
Il Benevento è stato ad un passo da un’altra pagina importante della sua storia calcistica e quel gol di Ciciretti su punizione con il quale si è concluso il primo tempo ha fatto sognare tutti, soprattutto i circa duemila tifosi beneventani che dagli spalti dello “Stadium” di Torino hanno ancora una volta fatto sentire la propria voce nonostante la disastrosa posizione in classifica.
Nel secondo tempo, com’era prevedibile, la reazione della Juventus è stata veemente ribaltando il risultato con Higuain e Cuadrado e ristabilendo il divario dei valori in campo.
Il Benevento esce a testa alta e guarda, adesso, con maggiore fiducia nei propri mezzi al prosieguo del campionato.
Il Tabellino
Juventus- Benevento 2-1
FORMAZIONI: Juventus – Szczesny, De Sciglio, Rugani, Chiellini, Alex Sandro, Matuidi, Marchisio, Cuadrado (dall’81’ Bernardeschi), Dybala (dall’87’ Betancur), Douglas Costa (dal 78′ Mandzukic), Higuain.  All. Allegri.
Benevento – Brignoli, Dijmisiti, Antei, Di Chiara, Venuti, Viola, Chibsah, Lazaar (dal 62′ Lombardi), Ciciretti, Cataldi (dall’87’ Parigini), Armenteros (dal 70′ Coda).  All. De Zerbi.
Arbitro: Abisso di Palermo
Reti: Ciciretti (19′), Higuain (57′), Cuadrado (65′)
Note: Ammoniti Marchisio, Higuain, Bernardeschi, Antei, Chibsah, Cataldi.

Juventus- Benevento 2-1
Cuadrado segna il gol della vittoria per la Juventus. (Tuttosport.com)
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Politica

MOMENTO PER LA CRESCITA

L’Associazione culturale “MOMENTO PER LA CRESCITA (M.p.C.)” intende avviare una serie di incontri pubblici su temi politici di cocente attualità e strettamente interconnessi: alimentazione, salute, agricoltura e territorio.
“Fare politica” non significa affatto, per noi, “farsi eleggere” alla guida della Pubblica Amministrazione di Comuni, Province, Regioni o del Paese, con l’intento di “governare” (o, volendo, di “comandare”) la cosa pubblica, ritenendoci persone oneste e capaci, convinte di poter risolvere problemi e questioni dall’alto, con ordinanze e direttive.
Per quanto ci riguarda, non siamo interessati ad occupare “poltrone” nè “scranni”, non in quanto non vogliamo “sporcarci le mani”, bensì non lo riteniamo necessario.
Noi crediamo che la politica sia da intendersi, innanzi tutto, come pratica educativa dal basso, finalizzata al miglioramento della “qualità della vita” personale e collettiva.
Soltanto in un secondo momento, essa dovrebbe tradursi in atti amministrativi volti a normare e regolamentare i comportamenti sociali che incidono sulla vita pubblica.
Educare se stessi e gli altri vuol dire, a nostro avviso, comprendere quali siano i reali problemi che investono la società, per l’appunto quelli suelencati, e su cui si innestano tutti gli altri, al fine di risolverli come si conviene.
Ma ancor di più vuol dire rafforzarsi negli Ideali e nei Valori su cui si fonda la vita umana e sui quali ciascuna persona tende a orientare la propria condotta e che perciò influiscono sullo “stile”, sul “tenore” e, in definitiva, sulla “qualità” della vita stessa.
Fare politica, per noi, vuol dire far coincidere l'”interesse privato” della persona con il “bene comune” della collettività, giacchè l’interesse della singola persona è direttamente responsabile del bene o del male che albergano nella collettività.
Gli argomenti tematici su cui si intende porre l’attenzione sono i seguenti:
Primo incontro. ” ALIMENTAZIONE, SALUTE, AGRICOLTURA E TERRITORIO: CAPISALDI DELL’ATTIVITA’ POLITICA”.
Secondo incontro. “CIBO, FONTE DI VITA E PERNO DELLA VITA QUOTIDIANA: EDUCAZIONE ALIMENTARE E PRATICA CULINARIA”.
Terzo incontro.  “AUTONOMIA SALUTISTICA: MEDICINE OLISTICHE, IGIENE NATURALE E DISCIPLINE ENERGETICHE TRADIZIONALI”.
Quarto incontro.  “AUTONOMIA ALIMENTARE: RECUPERO DELLE AREE AGRICOLE DISMESSE, PERMACULTURA E ORTI SINERGICI”.
Quinto incontro.  “SALVAGUARDIA TERRITORIALE: TUTELA DEL PAESAGGIO, VINCOLO IDRO-GEOLOGICO E RISANAMENTO AMBIENTALE”.
A stretto giro di tempo, il Momento per la Crescita comunicherà date. luoghi ed orari delle iniziative sulle quali la cittadinanza è invitata fin d’ora a partecipare ed a intervenire nel dibattito che ne seguirà.   Il Segretario – Salvatore De Toma

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RIFLESSIONI SUL CERVELLO UMANO: FREUD E JUNG, OPINIONI A CONFRONTO

Il cervello umano contiene centinaia di miliardi di neuroni connessi tra loro da impulsi elettrici.
Esiste certamente un legame tra i processi mentali ed i processi neurofisiologici. Ma di che natura è questo legame ? Ovvero, la mente ha uno stato metafisico, estraneo a sistemi meccanicistici naturali e/o artificiali, ivi compresi cervello e computer oppure è il risultato di attività integrate del sistema nervoso ?
Senza addentrarci in campi che sfuggono alla nostra portata, ci limitiamo ad accennare alle opinioni di due grossi studiosi che agli inizi del Novecento hanno dato un contributo importante alla comprensione dei meccanismi della psiche: Sigmund Freud e Carl Gustav Jung.
Precedentemente, alcuni filosofi dell’Ottocento, da Leibniz a Kant, da Schelling a Shopenhauer, avevano considerato l’inconscio come “un qualcosa che si nasconde e imprime alle azioni libere la sua identità”.
Freud, invece, aveva fatto dell’inconscio il cardine del pensiero psicoanalitico cercando di scoprire l’essenza ed i meccanismi di quel processo misterioso.
Il suo più illustre discepolo, Jung, ben presto si distaccò da alcune sue teorie contestando la concezione dell’inconscio come un contenitore vuoto destinato a riempirsi durante la vita ed affermando, al contrario, che già alla nascita esso contiene informazioni innate trasmesse per ereditarietà in virtù dell’appartenenza ad un gruppo al quale fa capo l’inconscio collettivo costituito da informazioni universali, gli archetipi.
Oggi, sulla scia di quei grandi pensatori sono svariate le teorie che varrebbe la pena di approfondire:
– lo psicologismo (= “Il pensiero è un prodotto del cervello, così come la bile lo è del fegato”);
– l’eleminativismo (= “La coscienza è un’illusione, non esiste ma è una suggestione prodotta dal cervello”);
– il funzionalismo (= “Ci sono analogie tra processi mentali ed il software di un calcolatore”);
– l’idealismo (= “Esiste solo la coscienza che è alla base della materia”);
– il panpsichismo (= “Ogni cosa ha una forma di coscienza”).
(il presente link si fonda sulla lettura di un lavoro tratto da “GruppoMizar” dal titolo.”Le neuroscienze e gli stati alterati di coscienza” di Mariangela Ferrara e Claudio Contorni del 2007).

Sigmund Freud
Carl Gustav Jung