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TOP SANNIO – Pietro Giorgione, genuino interprete del valore del sacrificio verso la collettivita’ – Nel libro “Memorie di un tempo passato” la biografia di un protagonista della recente storia politica e sociale di Benevento –

Una persona perbene, umile, semplice ma dal carattere forte e, soprattutto, schietto: una dote, quest’ultima, che gli e’ valsa in tutta la sua esistenza terrena ad ingenerare fiducia e stima in quanti lo hanno conosciuto pur non condividendone le sue vedute ideologiche: Pietro Giorgione, infatti, ha sempre sostenuto e difeso le proprie idee comuniste ma non ha mai rifiutato il confronto ed il dialogo con chi la pensava in modo diverso da lui.
Pragmatico, spirituale, autodidatta, convinto assertore del valore del dovere morale verso la collettivita’ ed, in particolare, verso le fasce piu’ deboli ed emarginate della societa’ per le quali il suo impegno politico e sociale e’ stato sempre costante punto di riferimento.
Del resto, non poteva essere altrimenti (anche se non scontato), viste le modeste origini, le condizioni ambientali difficili, la necessita’ di un adeguato sostentamento economico che accompagnano la sua nascita.
Pietro Giorgione nasce a Benevento il 17 febbraio 1919 in uno dei quartieri piu’ popolari della citta’, in quella via Niccolo’ Franco dove, a quell’epoca, pullulavano i “bassi” ed i vani terranei densamente abitati da famiglie numerose, come la sua, con l’unica funzione di dormitori e di consumazione di pasti veloci e frugali: era giocoforza, pertanto, riversarsi nelle strade per farsi accogliere dal sole, dalla luce che non filtrava in quegli angusti, bui e squallidi locali. Il contatto con il vicinato, percio’, diventava essenziale per socializzare, scambiare parole e, inevitabilmente, crescere piu’ in fretta ed imparare stilemi di vita.
E’ in questo mondo di povera gente che fin da piccolo Pietro apprende il senso della solidarieta’, dell’appartenenza ad una classe diseredata, abbandonata da ceti dirigenziali che, specie durante il ventennio fascista, fanno valere tutta la loro arroganza di potere tracciando un solco insormontabile con i loro “sottomessi”.
Nelle “Memorie di un tempo passato”, pubblicato nel 2003, Giorgione, nel ripercorrere le tappe fondamentali della sua “avventura”, come definisce la sua vita dalla nascita fino all’anno 1991, descrive in maniera semplice e senza fronzoli questo mondo non senza rimarcare la grande voglia di riscatto sociale che il suo animo e quello dei suoi compagni, di partito e non solo, persegue con tanto orgoglio e dignita’.
Sembra di imbattersi, fatte ovviamente le dovute proporzioni, in passi di …pasoliniana memoria.
Gia’ dopo la fine della terza elementare Pietro viene avviato dal padre, bracciante agricolo come la madre, entrambi anafabeti, ad imparare il mestiere di falegname presso un parente scoprendo solo piu’ tardi che la paga settimanale di tre lire in realta’ e’ pagata dallo stesso genitore e non dal titolare della bottega.
Il racconto del “memoriale” e’ pieno zeppo di episodi che mettono in evidenza la “citta’ invisibile”, come la definisce Vergineo nella sua bellissima introduzione, caratterizzata da tradizioni, costumi di vita, condotte umane oggi incompatibili  con la nostra visione ‘moderna’ delle cose.
La seconda parte del libro, lo si capisce dal tono col quale Pietro Giorgione descrive i fatti personali della sua movimentata esistenza, e’ quella che lo coinvolge di piu’ emotivamente: e’ solo dalla fine della seconda guerra mondiale che Giorgione acquisisce una profonda coscienza di classe; i guasti creati dal fascismo, le disuguaglianze sociali, i disagi del vivere quotidiano gli aprono ancor piu’ la mente inducendolo ad imprimere una svolta importante nella sua vita che lo accompagnera’ fino alla morte.
Nel 1946 si iscrive al Partito Comunista Italiano, che “…diventa la sua scuola di pensiero, la sua palestra di vita, la sua patria di elezione…”.
Il suo impegno politico, oltre che sindacale, lo porta a misurarsi su temi di un livello superiore al suo titolo di studio ma sui quali con solerzia certosina, grazie alla sua caparbia volonta’ di ben figurare nelle discussioni in ambiti istituzionali cui e’ chiamato a confrontarsi, riesce ad offrire il suo pensiero scevro da meccanismi del ‘politichese’ e, proprio per questo, piu’ efficace e penetrante nelle coscienze collettive.
Attraverso il suo racconto emerge uno spaccato originale della situazione interna al partito ed al sindacato locali descritta da uno che nel corso dei decenni ha imparato bene i meccanismi, a volte perversi, che stanno dietro certe soluzioni e certe decisioni importanti dall’alto delle prestigiose cariche rivestite.
Pietro narra i suoi disagi iniziali nelle vesti di consigliere comunale, carica mantenuta ininterrottamente dal 1956 al 1970, al cospetto di colleghi “agguerriti politicamente” e tutti piu’ ‘titolati’ di lui, i rapporti con i compagni del PCI, dei quali indica pregi e difetti, le gratificazioni ma anche le delusioni per il degenerare della “capacita’ propulsiva” del suo partito alla fine degli anni ottanta per l’avvento di giovani dirigenti provinciali a suo dire incapaci ed arroganti.
Non mancano i riferimenti d’obbligo alle feste de L’Unita’, vere e proprie occasioni di dibattito e riflessione su grandi questioni nazionali ed internazionali oltre che di svago e divertimento popolare: appuntamenti caratterizzati dall’occupazione di spazi pubblici ritenuti fino ad allora impensabili e conquistati dal nuovo clima politico instauratosi in Italia derivante dalla “patente” di democrazia finalmente riconosciuta al PCI, piazze, villa comunale, teatro romano.
Nella organizzazione c’e’, ovviamente, la mano del Giorgione che decanta i grossi meriti dei compagni romagnoli venuti appositamente dalla loro regione in maniera del tutto gratuita ad allestire stands gastronomici ed a mettere a disposizione la loro immensa esperienza.
Grande soddisfazione traspare dal racconto di un ballo popolare da lui incoraggiato all’interno di una festa che riscuote un notevolissimo successo: l’inchierchiata viene riproposta piu’ volte e presentata in una gara a Napoli dove riceve il primo premio da una giuria competente presieduta addirittura dal grande Eduardo De Filippo. Pietro Giorgione regalera’ al Museo del Sannio il prestigioso riconoscimento.
La visita a Benevento di Togliatti e Berlinguer, gli scioperi, le lotte politiche e sindacali, tutti momenti vissuti in prima persona con grande spinta emotiva.
Pietro Giorgione riscuote simpatia anche negli ambienti tradizionalmente lontani dal suo ‘habitat’ politico perche’ riesce ad essere comunicativo con tutti senza mai ergersi a padrone assoluto del campo ma centrando il cuore della gente su problemi concreti la cui soluzione va’ oltre l’aspetto ideologico.
La sua collaborazione con esponenti del mondo della Chiesa, don Giovanni Giordano, l’arcivescovo Minchiatti, e’ da costoro volutamente richiesta ed apprezzata.
Dopo il conseguimento da privatista della licenza media, viene chiamato da Mario Rotili, allora sindaco democristiano e direttore del Museo del Sannio, a risollevare le sorti dell’Associazione “Amici del Museo”, in penosa discesa di consensi e lui profonde tutto il suo impegno e la sua grande forza di volonta’ portando in assemblea circa trecento iscritti, a fronte delle poche unita’ cui era ridotta fino a poco tempo prima. Con Rotili, studioso ed amante della cultura, come lui, nasce un connubio importante per la crescita e lo sviluppo dell’importante istituzione beneventana che continuera’ con Elio Galasso, nuovo direttore ed altro superbo ‘monumento’ dell’intellighenzia locale.
Nella parte finale del volume, a testimonianza, forse, di una punta di nostalgia per un passato irripetibile, gli corre l’obbligo di citare con brevi cenni biografici alcuni compagni che hanno fatto la storia del partito in provincia e che sono relegati nell’oblio. Alla fine afferma:
Concludo con un senso di gratitudine verso quelle persone molto modeste, di semplici lavoratori, braccianti, contadini, manovali, qui non ricordati sconosciuti agli studiosi, anche se perseguitati, che hanno sacrificato la loro esistenza e quella delle loro famiglie solo per l’orgoglio di non tradire i propri ideali. Oggi cosa rara”.
Un messaggio che Gabriella Debora Giorgione brillantemente ed esaurientemente interpreta in appendice al libro: “…il coraggio delle idee, l’etica della coscienza, l’irrinunciabilita’ del pensiero libero ed il supplemento di coerenza e sacrificio a cui siamo tenuti per averli scelti….”.
“A chi ha fatto della propria vita una testimonianza di rispetto e di coerenza viene la certezza di non averla spesa inutilmente”. Faccio umilmente mia questa meravigliosa espressione di Domenica Zanin, post-fatrice al volume.
Foto sopra:                        La copertina di un libro di Pietro Giorgione, edito da “Realta’
Sannita” (2000)

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TOP SANNIO – Giuseppina Luongo Bartolini, una vita per la cultura –

Conobbi Giuseppina Luongo Bartolini circa trent’anni fa: scendevamo le scale della Biblioteca Provinciale di Benevento al termine di un appuntamento culturale al quale avevamo assistito. Mi venne spontaneo salutarla anche se non ci conoscevamo di persona. Avevo sempre nutrito per lei una sorta di timore reverenziale ed avevo appena finito di leggere un suo libro ‘ “Strade in citta’ ” .
Fu questa l’occasione per scambiare quattro chiacchiere ed, in particolare, le feci i miei complimenti soprattutto per un capitolo che parlava di Via Annunziata.
Con mia grande sorpresa, e compiacimento, ricambio’ rivelandomi che aveva letto tutto d’un fiato la mia ultima pubblicazione “L’infernale commedia. Fatti e misfatti dei vip sanniti”.
-Un’opera gustosa ed originale –
mi disse, e, sorridendomi, mi rimprovero’ di non averla menzionata accanto ad altri importanti personaggi beneventani.
Mi giustificai dicendole che nel libro avevo citato solo quelle persone da me conosciute personalmente e delle quali sapevo pregi e difetti degni di essere divulgati.
Durante la conversazione, con malcelato disagio per i continui ‘passaggi’ che faceva grazie alla vastissima cultura della quale era dotata, e che mi riusciva difficile seguire, mi invito’ a darle del ‘tu’.
Tra artisti e persone colte ci si da’ del tu – mi disse. “Certo” – risposi – e il mio cuore batteva a mille…
Mi racconto’ persino delle sue esperienze politiche e degli ‘sgambetti’ che le fecero alcuni suoi ex compagni di partito quand’era assessore al Comune di Benevento nelle fila della Democrazia Cristiana.
Insomma, per me fu davvero un incontro piacevolmente sconvolgente. Ne seguirono altri nel corso degli anni successivi che mi arricchirono culturalmente.
In particolare, all’indomani della mia defenestrazione dalla Giunta comunale, nel 2006, apprezzando il mio comportamento mi suggeri’ di darmi da fare per pubblicizzare, a scopo televisivo o cinematografico, il libro “Le mie ragioni” nel quale avevo raccontato il ‘tradimento’ del quale ero stato vittima.
La sua recente scomparsa mi ha rattristato molto ed una delle prime cose che ho fatto dopo l’inevitabile preghiera per la sua anima e’ stata quella di rileggere quel bellissimo capitolo riguardante una delle vie piu’ popolari e suggestive della Nostra Citta’:
“Questa e’ una strada notturna che prende nota del sole per qualche lucernario posto a cavalcavia, inframezzato ai tetti. Egualmente si abbellisce di luna.
E’ un vicolo profondo, con pareti divaricate, antiche e provocatorie sul passante che vi si acquatta, intrise di ragnatele.
Vetuste mura di cinta, traforate da finestre minime, scartocciate con brevi uscioli attraverso i quali scorre un buio lampeggiato dalle fughe dei gatti domestici, gli si stringono addosso…”.
Via Annunziata, come la vedeva nel 1991 Giuseppina Luongo Bartolini, non e’ cambiata molto.
Lei la descrisse in stile prosa poetica non senza una punta di malinconia per lo stato di abbandono nel quale versava (e versa tuttora) ma in forma di impareggiabile bellezza.

Giuseppina Luongo Bartolini nacque ad Altavilla Irpina (AV) il 25 luglio 1926. Laureata in Lettere, risiedette per lungo tempo a Benevento dove insegno’ in diversi Istituti tecnici e magistrali ricoprendo anche la carica di preside.
Dal 1970 al 1985 fu eletta con il partito della Democrazia Cristiana al Consiglio comunale di Benevento ove ricopri’ anche la carica di assessore alla Pubblica Istruzione, al Traffico, Trasporti e Polizia Urbana.
Poetessa, scrittrice, commediografa ha lasciato numerose testimonianze della sua lunga ed intensa attivita’ culturale e letteraria.
Il 18 agosto 2023 ha cessato la sua esistenza terrena.

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TOP SANNIO – Lutto nel mondo della cultura: e’ morto il prof. Raffaele Matarazzo – Educatore, saggista, giornalista, ha rappresentato per decenni un costante ed importante punto di riferimento culturale a Benevento –

Si e’ spento oggi, all’eta’ di 94 anni, il professore Raffaele Matarazzo.
Autorevole esponente della cultura, per diversi decenni e’ stato uno dei piu’ eccellenti protagonisti della ” intellighenzia” beneventana.
Nato a Cautano (BN) il 17 gennaio 1929 si laureo’ in Lettere studiando alle universita’ di Firenze e Napoli.
Dal settembre 1952 insegno’ italiano e storia nelle scuole medie e negli istituti superiori prima di conseguire la cattedra di preside nella scuola media di Apice, nell’istituto Magistrale “Guacci” e nel Liceo Classico “Pietro Giannone” di Benevento.
Fondo’ e diresse la prima Scuola Media del rione “Liberta’” di Benevento, intitolata, su sua proposta, al grammatico e didatta beneventano Orbilio Pupillo.
Fu insignito della medaglia d’oro al merito della scuola, della cultura e dell’arte dal Ministro della Pubblica Istruzione.
Attivista sindacale fu poi eletto Consigliere comunale di Benevento nelle elezioni del 1960 e del 1964 ricoprendo anche la carica di assessore nelle fila della Democrazia Cristiana.
Grande conferenziere, la sua coinvolgente oratoria fu apprezzata nei numerosissimi interventi pubblici su tematiche di vario genere, dalla politica alla religione, alla letteratura, alla storia.
Molte furono le sue opere tra cui quelle riguardanti saggi sulla storia di Benevento oltre alle sapienti collaborazioni con illustri saggisti locali, quali, in particolare, Giovanni Giordano e Gaetana Intorcia.
Affermato giornalista, collaboro’ con il periodico locale “Messaggio d’oggi” e con la rivista “Archivio Storico del Sannio”.
La sua scomparsa lascia un vuoto incolmabile nel mondo della cultura beneventana e non solo…

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TOP SANNIO – Lorenzo Vessichelli, autore sottovalutato ed emarginato – Nei suoi versi espresse il malessere dell’uomo nella societa’ dell’apparire –

Da qualche settimana, con piu’ frequenza che nel passato, la televisione ci bombarda con la divulgazione di fatti di cronaca che evidenziano la recrudescenza di comportamenti umani caratterizzati da violenze, sopraffazioni, atteggiamenti incontrollabili al limite della follia.
Qualcuno spiega trattarsi di conseguenze nevrotiche dovute agli effetti del “covid”.
Il mezzo televisivo, con la sua potenza comunicativa, e’ sicuramente uno strumento rilevante di “disturbo” delle menti e spesso i suoi segnali influiscono sulla psiche delle persone fragili.
Ma non e’ solo questo: eventi di tal fatta sono sempre esistiti e chissa’ quanti innumerevoli episodi in ogni parte del mondo tuttoggi potrebbero essere additati ad esempio della crudelta’ dell’essere umano della quale non siamo pienamente consapevoli ma che a volte riaffiora, con minore o maggiore intensita’ e/o livello, in particolari occasioni.
La televisione ed i mass media in generale, tra cui internet, amplificano e diffondono su larghissima scala episodi un tempo sconosciuti ai piu’ ma che comunque accadevano in passato anche se con sfaccettature diverse e con mezzi forse piu’ rudimentali e meno sofisticati rispetto a quelli attuali.
L’ultimo avvenimento inquietante in ordine cronologico e’ quello riguardante l’investimento di una famiglia di Favaro Veneto, in provincia di Venezia, da parte di una automobilista tedesca di 32 anni
che al volante della sua auto ha travolto ed ucciso tre persone, tra cui un bimbo di due anni, in localita’ Santo Stefano di Cadore.
Dalle ultime indagini finora esperite sembra che un testimone oculare abbia visto la donna tedesca “..litigare furiosamente con una persona, salire in macchina e ripartire sgommando pochi attimi prima del tragico epilogo…”.
Insomma, si profila l’ipotesi di un investimento deliberato, conseguenza di una rabbia incontrollata.
Abbiamo preso spunto da questo accadimento nel mentre eravamo intenti a sfogliare le pagine di alcune opere di Lorenzo (Loris) Vessichelli, docente, poeta, giornalista e cultore di musica classica, scomparso nel 2017.
In una lirica composta il 7 novembre 1982 ( il Poeta era solito aggiungere alcune postille, a pie’ pagina, indicanti non solo le date dei componimenti ma finanche luoghi, orari,momenti, ecc.) e contenuta nel libro “Interludio d’un pupazzo di fango”, dal titolo “Senso tragico”, Vessichelli afferma, tra l’altro:
“…Io con gli altri, l’amorfo, l’handycappato,
il depresso, lo psicotico, i travestiti,
i ladri, i politici, i plutocrati, i terroristi, i mafiosi,
gli indifferenti o i miseri squattrinati
o drogati, tutti in questa strettoia
nera di velluto  a spirale come bolgia…”.
Questi pochi versi racchiudono gran parte del pensiero di Vessichelli, un Poeta sottovalutato dagli ambienti colti beneventani forse perche’ umile, schivo, semplice e lontano dallo stereotipo di intellettuale ed artista distaccato dal mondo reale, una caratteristica, quest’ultima, capace di incutere
una sorta di timore reverenziale ritenuta, a torto,  indispensabile per l’ingresso nelle “alte sfere” della stima  dei potenti di turno.
Lorenzo Vessichelli, invece, era un intellettuale alla portata di tutti, sempre disponibile al dialogo ed al confronto col sorriso sulle labbra, sia pur afflitto nell’animo da una visione tragica della vita ( che manifestava solo attraverso i suoi versi, intrisi di una drammaticita’ esistenziale) che la sua quotidianita’ non lasciava affatto trasparire.
Nella poesia “Senso tragico” precisa cio’ che aveva gia’ espresso precedentemente con “Cellule” (…”scritta di getto il 23 ottobre 1982″):
“…Confesso che non potrei arrestare
ore inesistenti, non vivrei
disarticolato dallo stress divino:
sarei soltanto un pupazzo di fango
forato da picchi
tra tronchi di cellule inutili”.
Lui non vuole essere accomunato alla moltitudine di “pupazzi di fango” perche’, a differenza di tanti altri, non vive “disarticolato dallo stress divino”.
E a questo punto l’abituale prefatrice delle sue opere, Giuseppina Bartolini Luongo, descrive mirabilmente la profonda religiosita’ della poetica del Nostro nella Presentazione del volume ” Aurea
Melopea lungo le sponde d’Iseo”
:
…La visione tragica della vita, le lacerazioni profonde, il dissidio interiore, il rapporto conflittuale con la societa’ e, in quest’ambito, il contrasto e il dissenso uomo-natura, uomo-cultura, la religiosita’ connessa intrinsecamente, alla stessa visione di cui parliamo sono, in lui, motivazioni di ordine etico, prima che estetico…”.
“…Una pietra, una piccola pianta, una lucertola nel verde, tra l’erba e gli alberi della riviera, tutto, e’ motivo di stupore per lui, di meraviglia, di accettazione umile, assertiva, del creato e delle creature…”.
Ed e’ proprio la fede che lo aiuta a sopportare il suo travaglio ed alla quale si appiglia nei tanti momenti di malinconia e di solitudine:
Cristo/ti prego/non m’abbandonare/ nell’angoscia/ di Bene…in questa ricerca di me stesso/ confuso in Te/ tra gli ulivi/ del Getsemani” (“Cristo” in “Arsure nel profondo”).

Lorenzo Vessichelli (1937-2017), nativo di Benevento, e’ stata una personalita’ eclettica.
Uomo di cultura, docente, poeta, giornalista, cultore della musica classica e del teatro.
Ha pubblicato numerose raccolte di poesie, tra cui : Accordi atonali, Arsure nel profondo (1991), Interludio d’un pupazzo di fango (1992), Aurea Melopea lungo le sponde d’Iseo (1994), Come l’araba fenice (1996).
Come pubblicista ha scritto articoli su “Scena illustrata”, “Alla bottega”, “L’Aereopago” ed ha collaborato per diversi anni al “Mattino” ed al “Messaggio d’oggi”.
E’ stato Presidente del Premio Nazionale Biennale di Poesia “Citta’ di Solofra” dal 1976 al 2002 e spesso e’ stato membro di giurie in campo letterario.
All’indomani della sua morte, avvenuta nella notte tra il 9 ed il 10 ottobre 2017 all’Ospedale “Fatebenefratelli” di Benevento per un male incurabile, la sua casa popolare, lasciatagli dai genitori, sita in Benevento alla via Salerno n. 1, fu occupata abusivamente.

 

 

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DA LUCIA CARUSO UNA LEZIONE D’AMORE – La scrittrice beneventana presenta a Telese Terme il suo ultimo lavoro “Quello che non ti ho potuto dire” esaltando la sacralita’ della vita e dell’amore –

Si e’ svolto ieri, 17 giugno, a Telese, l’incontro letterario con la professoressa Lucia Caruso imperniato sulla presentazione del suo ultimo libro ‘Quello che non ti ho potuto dire’, edito da PubMe nella collana Policromia.
L’appuntamento culturale, organizzato dalla Pro Loco Summer Garden della cittadina termale nell’ambito della tradizionale Rassegna ‘Literary Garden’, e’ stato introdotto da Antonio Alterio, responsabile dell’associazione ‘Borghi del Sannio’ , e moderato dall’avv. Salvatore De Toma.
Dopo i saluti istituzionali dell’assessore Di Mezza e del presidente della Pro Loco Telesia, Filippo Sardisco, Lucia Caruso, rispondendo alle domande del moderatore che ha illustrato il contenuto dell’opera, ha, tra le altre cose, messo in evidenza l’importanza della sacralita’ della vita e, soprattutto dell’amore in tutte le sue sfaccettature, proprio in occasioni drammatiche come quelle vissute con la diffusione del Covid.
Molto apprezzate le testimonianze del Vice Sindaco di Telese, Vincenzo Fuschini, e del dott. Gaetano Beatrice, pneumologo dell’Ospedale San Pio di Benevento, tra i protagonisti  del libro.
“…Non sta a me giudicare o valutare se l’umanita’ ne uscira’ peggiore o migliore – ha precisato la Caruso leggendo un passaggio significativo del suo volume circa il messaggio finale della pubblicazione. “Quello che conta, a mio parere, e’ che l’uomo non dimentichi che, appunto, e’ soltanto un uomo. Un minuscolo abitante della Terra, che lui deve rispettare. Voglio sperare che abbia capito che non e’ il dominatore dell’Universo. E che non e’ il caso di accanirsi in guerre fratricide. A falcidiarci basta un virus”.
Nel corso della serata l’avv. Rosa Caruso, sorella dell’Autrice, ha letto alcuni brani dell’opera.
 

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ANCHE TELESE TERME OSPITERA’ LUCIA CARUSO – La scrittrice beneventana, autrice di “Quello che non ti ho potuto dire”, presentera’ nella cittadina termale il suo fortunato volume sulla pandemia –

Venerdi’ 17 giugno, alle ore 21,00 nell’ambito della Rassegna Culturale “Literary Garden” organizzata dalla Pro Loco “Summer Garden” di Telese verra’ presentato il libro della scrittrice beneventana Lucia Caruso “Quello che non ti ho potuto dire”.
Com’e’ noto, l’opera raccoglie testimonianze di parenti di vittime del Covid e, tra l’altro, mette in risalto il fondamentale apporto nei soccorsi elargito non solo da medici, infermieri e personale sanitario in generale ma anche da volontari e persone umili che continuano tuttora a prodigarsi nella lotta contro un virus non ancora debellato.
L’occasione sara’ utile non solo per apprezzare la qualita’ del lavoro di Lucia Caruso ma anche per rivivere sotto una luce nuova, che e’ quella soprattutto della speranza e della solidarieta’, un biennio tragico dell’intera umanita’.
Alla manifestazione saranno presenti anche due protagonisti del libro quali lo pneumologo dott. Gaetano Beatrice  ed il vice sindaco di Telese, Vincenzo Fuschini, che non mancheranno di fare un cenno sull’esperienza vissuta sulla propria pelle.
La cerimonia di presentazione del libro sara’ introdotta da Antonio Alterio (Referente Borghi del Sannio). Seguiranno i saluti istituzionali del Sindaco di Telese Terme, Giovanni Caporaso, del Vice-Presidente del Rotary Club Valle Telesina, Roberto Ghiaccio,  e di Filippo Sardisco, Presidente della Pro Loco Telesia.
Fara’ da Moderatore l’avv. Salvatore De Toma.
All’incontro presenziera’ l’Autrice, reduce dai recenti successi di critica e di pubblico riscossi da Benevento, Saronno e, soprattutto, da Torino ove la sua opera e’ stata esposta al prestigioso Salone Internazionale del Libro.
L’appuntamento e’ in Piazza Minieri aTelese Terme.

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Pollice verso per … LA SCOMPARSA DI ALMUDENA GRANDES – La scrittrice spagnola stroncata da un tumore –

E’ morta all’età di 61 anni, stroncata da un tumore diagnosticato circa un anno fa, la scrittrice spagnola Almudena Grandes.
Divenuta famosa dopo il successo nel 1989 del suo romanzo “Le età di Lulù”, tradotto in venti Paesi e sul quale fu tratto un film molto discusso, Almudena Grandes ha rappresentato quella parte di pubblico che si opponeva alla destra aggressiva del suo Paese.
Impegnata in battaglie civili e politiche, nelle sue opere faceva spesso ricorso alla sua formazione di storica inserendo personaggi tratti dalla quotidianità della gente comune.

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Pollice verso per … LA MORTE DI WILBUR SMITH – Lo scrittore aveva 88 anni –

Grave lutto nel mondo della letteratura mondiale: è morto lo scrittore Wilbur Smith.
Autore di romanzi d’avventura, ha venduto circa 140 milioni di libri in mezzo secolo, tradotti in trenta lingue.

Un momento della conferenza stampa di presentazione del nuovo romanzo di Wilbur Smith “Il Dio del Deserto” all’interno della Galleria del Re del Museo Egizio di Torino, 17 Novembre 2014. ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO

Il suo primo romanzo “When the lion feeds”, pubblicato nel 1964, divenne subito un best-seller e da allora catturò i lettori di tutto il mondo sciorinando successi su successi e scalando sempre le vette più alte dei best-sellers.
Aveva 88 anni.

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Pollice verso per … LA MORTE DI ANTONIO PENNACCHI – Lo scrittore aveva vinto nel 2010 il Premio Strega –

E’ morto ieri nella sua abitazione di Latina lo scrittore Antonio Pennacchi, colto da infarto mentre parlava a telefono con la moglie. Aveva 71 anni.
Ex operaio, da giovanissimo aveva aderito al MSI per poi avvicinarsi al marxismo e partecipare al Movimento del ’68 dopo l’espulsione dal partito.
Dopo una militanza nel PSI e nel PCI e l’attività sindacale nella UIL e nella CGIL, viene espulso da quest’ultima organizzazione e lascia la politica nel 1983 per dedicarsi all’attività di scrittore.
Tra le sue opere più famose ricordiamo: “Mammut” , “Palude”. “Il fasciocomunismo”, autobiografico, “Canale Mussolini”, vincitore del Premio Strega nel 2010.
Nel 2007 si era iscritto al Partito Democratico.

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Pollice su per … LA VITTORIA DI EMANUELE TREVI AL “PREMIO STREGA” – Lo scrittore romano prevale con il romanzo “Due vite” –

Il “Premio Strega 2021” è assegnato ad Emanuele Trevi con l’opera “Due vite” (Neri Pozza).
Lo scrittore romano, 57 anni, precede Donatella Di Pietrantonio e Edith Bruck.
Trevi ha debuttato nella narrativa nel 2003 con “I cani del nulla” ed è anche autore di saggi.
Collabora con “Radio 3” ed ha vinto, tra gli altri, il Premio Viareggio nel 2019 con “Sogni e favole”.
Il libro “Due vite” è incentrato sul racconto delle vite degli scrittori Rocco Carbone e Pia Peri.