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TOP SANNIO – Pietro Giorgione, genuino interprete del valore del sacrificio verso la collettivita’ – Nel libro “Memorie di un tempo passato” la biografia di un protagonista della recente storia politica e sociale di Benevento –

Una persona perbene, umile, semplice ma dal carattere forte e, soprattutto, schietto: una dote, quest’ultima, che gli e’ valsa in tutta la sua esistenza terrena ad ingenerare fiducia e stima in quanti lo hanno conosciuto pur non condividendone le sue vedute ideologiche: Pietro Giorgione, infatti, ha sempre sostenuto e difeso le proprie idee comuniste ma non ha mai rifiutato il confronto ed il dialogo con chi la pensava in modo diverso da lui.
Pragmatico, spirituale, autodidatta, convinto assertore del valore del dovere morale verso la collettivita’ ed, in particolare, verso le fasce piu’ deboli ed emarginate della societa’ per le quali il suo impegno politico e sociale e’ stato sempre costante punto di riferimento.
Del resto, non poteva essere altrimenti (anche se non scontato), viste le modeste origini, le condizioni ambientali difficili, la necessita’ di un adeguato sostentamento economico che accompagnano la sua nascita.
Pietro Giorgione nasce a Benevento il 17 febbraio 1919 in uno dei quartieri piu’ popolari della citta’, in quella via Niccolo’ Franco dove, a quell’epoca, pullulavano i “bassi” ed i vani terranei densamente abitati da famiglie numerose, come la sua, con l’unica funzione di dormitori e di consumazione di pasti veloci e frugali: era giocoforza, pertanto, riversarsi nelle strade per farsi accogliere dal sole, dalla luce che non filtrava in quegli angusti, bui e squallidi locali. Il contatto con il vicinato, percio’, diventava essenziale per socializzare, scambiare parole e, inevitabilmente, crescere piu’ in fretta ed imparare stilemi di vita.
E’ in questo mondo di povera gente che fin da piccolo Pietro apprende il senso della solidarieta’, dell’appartenenza ad una classe diseredata, abbandonata da ceti dirigenziali che, specie durante il ventennio fascista, fanno valere tutta la loro arroganza di potere tracciando un solco insormontabile con i loro “sottomessi”.
Nelle “Memorie di un tempo passato”, pubblicato nel 2003, Giorgione, nel ripercorrere le tappe fondamentali della sua “avventura”, come definisce la sua vita dalla nascita fino all’anno 1991, descrive in maniera semplice e senza fronzoli questo mondo non senza rimarcare la grande voglia di riscatto sociale che il suo animo e quello dei suoi compagni, di partito e non solo, persegue con tanto orgoglio e dignita’.
Sembra di imbattersi, fatte ovviamente le dovute proporzioni, in passi di …pasoliniana memoria.
Gia’ dopo la fine della terza elementare Pietro viene avviato dal padre, bracciante agricolo come la madre, entrambi anafabeti, ad imparare il mestiere di falegname presso un parente scoprendo solo piu’ tardi che la paga settimanale di tre lire in realta’ e’ pagata dallo stesso genitore e non dal titolare della bottega.
Il racconto del “memoriale” e’ pieno zeppo di episodi che mettono in evidenza la “citta’ invisibile”, come la definisce Vergineo nella sua bellissima introduzione, caratterizzata da tradizioni, costumi di vita, condotte umane oggi incompatibili  con la nostra visione ‘moderna’ delle cose.
La seconda parte del libro, lo si capisce dal tono col quale Pietro Giorgione descrive i fatti personali della sua movimentata esistenza, e’ quella che lo coinvolge di piu’ emotivamente: e’ solo dalla fine della seconda guerra mondiale che Giorgione acquisisce una profonda coscienza di classe; i guasti creati dal fascismo, le disuguaglianze sociali, i disagi del vivere quotidiano gli aprono ancor piu’ la mente inducendolo ad imprimere una svolta importante nella sua vita che lo accompagnera’ fino alla morte.
Nel 1946 si iscrive al Partito Comunista Italiano, che “…diventa la sua scuola di pensiero, la sua palestra di vita, la sua patria di elezione…”.
Il suo impegno politico, oltre che sindacale, lo porta a misurarsi su temi di un livello superiore al suo titolo di studio ma sui quali con solerzia certosina, grazie alla sua caparbia volonta’ di ben figurare nelle discussioni in ambiti istituzionali cui e’ chiamato a confrontarsi, riesce ad offrire il suo pensiero scevro da meccanismi del ‘politichese’ e, proprio per questo, piu’ efficace e penetrante nelle coscienze collettive.
Attraverso il suo racconto emerge uno spaccato originale della situazione interna al partito ed al sindacato locali descritta da uno che nel corso dei decenni ha imparato bene i meccanismi, a volte perversi, che stanno dietro certe soluzioni e certe decisioni importanti dall’alto delle prestigiose cariche rivestite.
Pietro narra i suoi disagi iniziali nelle vesti di consigliere comunale, carica mantenuta ininterrottamente dal 1956 al 1970, al cospetto di colleghi “agguerriti politicamente” e tutti piu’ ‘titolati’ di lui, i rapporti con i compagni del PCI, dei quali indica pregi e difetti, le gratificazioni ma anche le delusioni per il degenerare della “capacita’ propulsiva” del suo partito alla fine degli anni ottanta per l’avvento di giovani dirigenti provinciali a suo dire incapaci ed arroganti.
Non mancano i riferimenti d’obbligo alle feste de L’Unita’, vere e proprie occasioni di dibattito e riflessione su grandi questioni nazionali ed internazionali oltre che di svago e divertimento popolare: appuntamenti caratterizzati dall’occupazione di spazi pubblici ritenuti fino ad allora impensabili e conquistati dal nuovo clima politico instauratosi in Italia derivante dalla “patente” di democrazia finalmente riconosciuta al PCI, piazze, villa comunale, teatro romano.
Nella organizzazione c’e’, ovviamente, la mano del Giorgione che decanta i grossi meriti dei compagni romagnoli venuti appositamente dalla loro regione in maniera del tutto gratuita ad allestire stands gastronomici ed a mettere a disposizione la loro immensa esperienza.
Grande soddisfazione traspare dal racconto di un ballo popolare da lui incoraggiato all’interno di una festa che riscuote un notevolissimo successo: l’inchierchiata viene riproposta piu’ volte e presentata in una gara a Napoli dove riceve il primo premio da una giuria competente presieduta addirittura dal grande Eduardo De Filippo. Pietro Giorgione regalera’ al Museo del Sannio il prestigioso riconoscimento.
La visita a Benevento di Togliatti e Berlinguer, gli scioperi, le lotte politiche e sindacali, tutti momenti vissuti in prima persona con grande spinta emotiva.
Pietro Giorgione riscuote simpatia anche negli ambienti tradizionalmente lontani dal suo ‘habitat’ politico perche’ riesce ad essere comunicativo con tutti senza mai ergersi a padrone assoluto del campo ma centrando il cuore della gente su problemi concreti la cui soluzione va’ oltre l’aspetto ideologico.
La sua collaborazione con esponenti del mondo della Chiesa, don Giovanni Giordano, l’arcivescovo Minchiatti, e’ da costoro volutamente richiesta ed apprezzata.
Dopo il conseguimento da privatista della licenza media, viene chiamato da Mario Rotili, allora sindaco democristiano e direttore del Museo del Sannio, a risollevare le sorti dell’Associazione “Amici del Museo”, in penosa discesa di consensi e lui profonde tutto il suo impegno e la sua grande forza di volonta’ portando in assemblea circa trecento iscritti, a fronte delle poche unita’ cui era ridotta fino a poco tempo prima. Con Rotili, studioso ed amante della cultura, come lui, nasce un connubio importante per la crescita e lo sviluppo dell’importante istituzione beneventana che continuera’ con Elio Galasso, nuovo direttore ed altro superbo ‘monumento’ dell’intellighenzia locale.
Nella parte finale del volume, a testimonianza, forse, di una punta di nostalgia per un passato irripetibile, gli corre l’obbligo di citare con brevi cenni biografici alcuni compagni che hanno fatto la storia del partito in provincia e che sono relegati nell’oblio. Alla fine afferma:
Concludo con un senso di gratitudine verso quelle persone molto modeste, di semplici lavoratori, braccianti, contadini, manovali, qui non ricordati sconosciuti agli studiosi, anche se perseguitati, che hanno sacrificato la loro esistenza e quella delle loro famiglie solo per l’orgoglio di non tradire i propri ideali. Oggi cosa rara”.
Un messaggio che Gabriella Debora Giorgione brillantemente ed esaurientemente interpreta in appendice al libro: “…il coraggio delle idee, l’etica della coscienza, l’irrinunciabilita’ del pensiero libero ed il supplemento di coerenza e sacrificio a cui siamo tenuti per averli scelti….”.
“A chi ha fatto della propria vita una testimonianza di rispetto e di coerenza viene la certezza di non averla spesa inutilmente”. Faccio umilmente mia questa meravigliosa espressione di Domenica Zanin, post-fatrice al volume.
Foto sopra:                        La copertina di un libro di Pietro Giorgione, edito da “Realta’
Sannita” (2000)