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TOP SANNIO – Ventidue anni fa moriva mons. Giovanni Giordano, fu uno dei maggiori studiosi di storia beneventana –

Nella notte tra il 31 agosto ed il 1^ settembre 2001 cessava la sua esistenza terrena don Giovanni Giordano.
Nato a Pratola Serra (AV) il 27 novembre 1921 fu ordinato sacerdote il 12 agosto 1945.
La Curia beneventana noto’ subito le grandi capacita’ culturali di Giovanni Giordano: l’arcivescovo Mancinelli lo volle come suo segretario particolare, il giovane presbitero fu chiamato ad insegnare italiano e latino nel Seminario Arcivescovile e successivamente religione nelle scuole statali.
Il suo nome e’ legato soprattutto alla sua trentennale esperienza di Cappellano della Casa Circondariale di Benevento ove presto’ con grande dedizione ed impegno la sua assistenza spirituale ai detenuti.
Per tale servizio ebbe nel 1978 l’onorificenza di Commendatore della Repubblica Italiana.
Nel 1988, su segnalazione dell’arcivescovo Carlo Minchiatti, fu nominato Cappellano del papa Giovanni Paolo II.
Mons. Giovanni Giordano e’ stato tra i maggiori studiosi della storia beneventana; su tale argomento ha scritto molto lasciando importanti testimonianze che ancora oggi sono materia di riferimento e di approfondimento.
Nel corso della sua esistenza strinse rapporti fecondi con l’Ordine dei “Fatebenefratelli” di Benevento che nel 1976 lo affiliarono in segno della profonda amicizia e della sua grande preparazione.
Tra le sue opere, “Benevento e i Fatebenefratelli una testimonianza nei secoli XVII-XVIII” (1976), “I primi diari beneventani del Card. Vincenzo M. Orsini” (1984), “Aspetti di vita beneventana nei secoli XVII-XVIII” (1976).
Di tale ultimo lavoro riportiamo un passaggio di uno dei racconti dal titolo “La fine di Pasquale”  nel quale l’Autore, con rigore storico, frutto di un’accorata ricerca bibliografica e d’archivio, descrive con linguaggio semplice e penetrante, i momenti piu’ salienti di un’esecuzione di un condannato a morte.
L’episodio criminoso si inserisce nel fenomeno del brigantaggio che imperverso’ anche a Benevento e nel Sannio ed avviene nel 1814.
Lo strumento di morte, la ghigliottina, usato per uccidere Pasquale T., fu richiesto al Comune di Avellino, unitamente al personale addetto, in quanto la citta’ di Benevento ne era sprovvisto.
Il luogo dell’esecuzione fu il piazzale antistante Porta Rufina.
“…La carretta scese per via Magistrale, fiancheggio’ il Duomo e sosto’ un istante. Poi si avvio’ verso Porta Rufina. Si avvicinava il mezzogiorno e l’ora della morte, in fretta…Nessuna speranza piu’: la carretta aveva gia’ imboccato il fatale “vicolo degli ‘mpisi” e si avviava a sbucare fuori lo stretto della Porta sul largo spiazzo su cui spiccava la ghigliottina, nera e immobile. Sotto il palco gia’ era stata apparecchiata una rozza cassa da morto con quattro assi di pioppo nemmeno piallate. Il mercato era terminato prima del previsto, e ora una folla riempiva la piazza e si accalcava attorno al palco per lo spettacolo. Erano venuti numerosi anche dai casali. (…) Mastro Nicola e il suo davano l’ultima rifinitura al loro bravo lavoro: avevano messo il capo mozzato in una “cestella” di canne, costata appena venti grani, la cifra piu’ bassa uscita dalla Cassa delle Spese Pubbliche, e si apprestavano a esporla chiusa in una gabbia di ferro, a un fianco della Porta, “a monito ed esempio durevole dei cattivi e dei buoni”.