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L’INFLUSSO DELLA COSCIENZA SUL CONCETTO DI TEMPO – Capitolo 4 –

IL TEMPO NELLA LETTERATURA
Il dramma dell’uomo in Pirandello.
La realtà nella quale viviamo è disordinata e l’azione umana è dedita ad una ricerca affannosa di ristabilimento dell’ordine, per sottrarla al caos ed adattarla alle sue esigenze.
Lo sforzo dell’umanità avviene attraverso varie forme, una di queste è il tempo che, però, viene inteso in modo fallace ed inconsistente.
Solo la nozione di durata e tempo soggettivo, scandito, cioè, dalla coscienza di ogni singolo individuo, è vero perchè la durata implica necessariamente un moto continuo, con salti, accelerazioni e decelerazioni dovuti alle peculiarità degli esseri viventi.
E’ questo il senso del pensiero di Luigi Pirandello che nella seconda parte della sua opera, “L’umorismo”, afferma che “…la vita è un flusso continuo che noi cerchiamo di arrestare, di fissare in forme stabili e determinate, dentro e fuori di noi. Le forme in cui cerchiamo di arrestare, di fissare in noi questo flusso continuo, sono i concetti, sono gli ideali a cui vorremmo serbarci coerenti, tutte le finzioni che creiamo, le condizioni, lo stato in cui tendiamo stabilirci.  Ma dentro noi stessi…il flusso continua, indistinto, sotto gli argini, oltre i limiti che noi imponiamo ed il flusso della vita è in tutti…”.

Da tale enunciazione nasce il dramma dell’uomo, che cerca invano di catturare il flusso in forme fisse e quindi inadeguate, ma più tenta di produrre forme diverse e più si aliena; quanto più si circonda di forme fittizie, tanto più si allontana dalla realtà.
In un’altra opera, “Il fu Mattia Pascal”, Pirandello mostra come il tempo non abbia uno svolgimento diacronico ma si dilata e si restringe secondo i ritmi della coscienza.
Nella narrazione i fatti non seguono lo stesso ordine con cui si sono verificati ma vi sono spostamenti all’indietro ed in avanti, restrospezioni ed anticipazioni: il romanzo inizia a vicenda conclusa perchè l’Autore vuole mettere in evidenza la distanza che separa il tempo dell’annunciazione dal tempo della storia.  In questo modo, il passato non perde importanza perchè ormai logoro e dissoluto ma, al contrario, viene valorizzato perchè, a dirla con Hauser, “…noi non solo siamo la somma dei singoli momenti della nostra vita, ma il prodotto dei nuovi aspetti che essi acquistano ad ogni nuovo momento (…). Non diventiamo più poveri per il tempo passato e perduto; solo esso anzi dà sostanza alla nostra vita…”.
Ritorna alla mente l’assunto di Bergson  sulla non scomponibilità del tempo e sulla inconsistenza del presente che, non appena lo percepiamo, è già passato. “…Noi non percepiamo praticamente che il passato dal momento che il puro presente è l’inafferrabile progresso del passato che fa presa sul sicuro…”.
Il romanzo “nuovo” di Italo Svevo.
Questa disarticolazione dell’ordine cronologico nel romanzo è presente anche in un altro autore, Italo Svevo, che ne “La coscienza di Zeno” sottopone il tempo a un trattamento nuovo rispetto all’ordinaria successione cronologico-causale, tipica del romanzo ottocentesco.
Il libro è autobiografico e narra di un ricco commerciante triestino che, giunto alla soglia dei sessant’anni, si rivolge indietro nel passato e fà una disamina della sua vita.
Ripercorre con la memoria gli ultimi 25 anni della sua esistenza, densa di eventi importanti: il matrimonio con Augusta, l’attività nella ditta del cognato Guido, il suicidio di quest’ultimo, la sua condizione sotto la tutela di un amministratore.

Italo Svevo

Nel romanzo vi è un continuo passaggio tra presente e passato, il narratore legge e sente il presente, filtrandolo attraverso il passato in una frequente contaminazione.
Nel capitolo relativo alla morte del padre si trovano già annunciati elementi che riguardano il matrimonio; la tecnica dell’anticipazione viene adottata dal romanziere per preparare il lettore ad una scena futura, che avrà luogo quando apparirà un nuovo personaggio.  E’ il caso di Guido, ma non solo; nel capitolo del matrimonio di Zeno viene inserita come anticipazione la digressione sulla morte del suocero.
Proprio come nella filosofia di Bergson, il tempo diviene una dimensione puramente legata al soggetto, per cui vengono alterati i rapporti tra la durata oggettiva degli eventi e la durata della narrazione.
I fatti sono accelerati o decelerati a seconda del valore qualitativo che attribuisce loro la coscienza.
Un avvenimento piccolissimo o banale, filtrato attraverso tutto ciò che passa nella coscienza degli individui in ogni istante, è in grado di dare vita a ricordi e ad assembramenti din idee che possono protrarsi per svariate pagine.
Il monologo interiore di Virginia Woolf.
Come Svevo, e proseguendo la via aperta da Henry James e Marcel Proust, anche la scrittrice londinese Virginia Woolf cerca di tradurre nella scrittura la fugacità delle impressioni, di dissolvere le forme tradizionali del racconto nel flusso di coscienza.

Virginia Woolf

Considerata l’antesignana del femminismo per il suo impegno attivo nella lotta per la parità di diritti fra i due sessi, Virginia Woolf si contraddistingue per il suo stile letterario basato su una tecnica innovativa rispetto a quella tradizionale.
La Woolf, infatti, eliminando la forma comune di dialogo diretto, si affida al monologo interiore del soggetto preso in quetione e, con un linguaggio particolarmente ricercato e raffinato, si serve di metafore e similitudini per esprimere il flusso di coscienza.
Nella sua narrazione non c’è una cronologia ben precisa perchè la scrittrice rappresenta lo scorrere del tempo in poche ore, giorni od anni ricorrendo a pensieri e ricordi suscitati dall’ambiente circostante.
Il tempo non è visto come uno scorrere perenne ma come una serie di momenti staccati l’uno dall’altro e successivamente riuniti per associazione di idee e per immaginazione.
Il vortice dei pensieri e delle emozioni dei personaggi descritti crea, attraverso la tecnica del monologo interiore, una commistione tra passato, presente e futuro sconvolgendo l’ordine cronologico che era stato alla base del romanzo tradizionale.
In tal modo, il narratore scompare dal romanzo permettendo al lettore di entrare nella psicologia del soggetto e di scovarne i lati razionali e irrazionali.
La bellezza senza tempo di Keats.
Una concezione originale del tempo, rientrante comunque in quella più complessiva di “tempo soggettivo”, è quella descritta nelle sue poesie dal poeta inglese John Keats.
Secondo Keats, la poesia rappresenta un’espressione del concetto di “Negative Capability”, caro al Poeta, secondo cui l’arte e la bellezza si manifestano anche e soprattutto attraverso ciò che è vago e misterioso, segreto e non svelato.
In un suo famoso componimento, “Ode su un’urna greca”, Keats esalta la bellezza senza tempo di un

John Keats

manufatto artistico dell’antica Grecia descrivendo le figure misteriose e sconosciute che ornano l’urna che lasciano al lettore l’immaginazione dei gesti e delle azioni che compiono sulle scene rappresentate.

Urna greca

Nella seconda strofa, tra le più suggestive, il poeta si rivolge all’ipotetico protagonista suonatore affermando che le melodie “inascoltate” sono ancora più dolci di quelle reali perchè non sono toccate dal tempo e l’immaginazione le rimanda alla sfera irrazionale.  Ed il sogno irrealizzato per Keats è perfetto perchè rappresenta un desiderio che può ancora compiersi: il reale spezza questo desiderio con un anegazione o con la sua realizzazione.
Il tempo di Joyce.
Il tempo pubblico, che Proust ritiene superficiale ed inutile, è ritenuto da James Joyce arbitrario ed inadatto a regolare la vita dell’uomo.
L’Autore porta nella sua opera, “Ulisse”, un più duttile senso del tempo; infatti, comprime il viaggio di Odisseo, che dura venti anni nel poema omerico, nelle sedici ore dell’esperienza unica di Mr. Bloom.
Joyce riesce a rappresentare l’eterogeneità del tempo mediante un’esposizione frammentata, alternando alla narrazione commenti sull’esperienza temporale di Bloom in relazione al tempo pubblico così come la tecnica del monologo interiore diretto serve a riprodurre la concezione di Bergson per cui la realtà è un continuo flusso, un perenne divenire.
Il “flusso di coscienza”, entrato nell’uso letterario dopo il 1890, è utilizzato in tutto il romanzo ma domina ininterrottamente quando Molly Bloom illanguidisce nel sonno; in questo episodio Joyce raggiunge la più completa dilatazione del tempo nella sperimentazione della coscienza della donna.
E’ l’unico episodio in cui non è designata alcuna ora particolare e si usa invece il simbolo dell’eternità e dell’infinito: la rigidità del tempo convenzionale, le sue nette partizioni sono inutilizzabili per rendere l’attività della mente; irrilevante è il quando e il dove Molly ha i suoi pensieri che sono un’infinita

James Joyce

riscrittura della sua vita, in perenne cambiamento col passare di ogni riflessione.
CONSIDERAZIONI FINALI
In questo rapido excursus del concetto di tempo attraverso il parere di alcuni tra i più autorevoli esponenti del mondo scientifico, filosofico, artistico e letterario, si è cercato di dimostrare che non sempre il tempo cronologico oggettivo, matematicamente e strumentalmente misurabile e quantificabile, coincide con il tempo interiore e spirituale a causa dell’influenza esercitata dal cosidetto “flusso di coscienza”.
Ma indipendentemente dalle diverse ed opposte visioni che si possono riscontrare una cosa si può affermare con certezza: il tempo è il principio essenziale che dà senso e valore alla nostra esistenza.
Cosa succederebbe, infatti, se per svariati motivi non avessimo più percezione dello scorrere del tempo ?  Se non ci fosse più, per esempio, l’alternarsi del giorno e della notte, della luce e del buio, se non ci fossero orologi, calendari, orari, ecc. ?
Non ci sarebbe alcun progresso, alcuna traccia di civiltà, addirittura alcun segno della nostra stessa presenza sulla terra.
Il genere umano è consapevole di essere soggetto ad un limite di tempo, anche se nessuno accetta la morte.
Tale stato incide sul nostro modo di rapportarci ai valori inducendoci alla domanda:”A che serve comportarci in un certo modo quando sappiamo che ogni cosa dovrà finire?”.
Se è vero che esiste una sorta di finalismo per quanto concerne l’universo, allora il finalismo dovrà esistere anche per il fluire del tempo.
C’è chi dice che dopo la morte non esiste che il nulla e chi pone, invece, in un’esistenza ultraterrena la possibilitò di vivere un vero significato della vita: l’argomento è superiore alla nostra portata e ci porterebbe su un discorso troppo lungo.
Ci limitiamo a rispondere alla domanda sopra citata in questo modo:”E’ giusto comportarci secondo certi valori perchè ciò rende migliore la Vita…”.