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TOP SANNIO – SULLE ORME DI MANFREDI DI SVEVIA – Dove fu sepolto il biondo principe svevo, mirabilmente immortalato da Dante ? Serafina Pascarella propose agli storici un suo studio –

“Se il pastor di Cosenza che alla caccia
di me fu messo per Clemente allora,
avesse in Dio  ben letta questa faccia,
l’ossa del corpo mio sariano ancora
in co’ del ponte presso Benevento
sotto la guardia della grave mora.
Or la bagna la pioggia e muove il vento
di fuor del Regno, quasi lungo il Verde,
dov’e’ le tramuto’ a lume spento”.
Con questi versi sublimi Dante Alighieri rievoca la figura di Manfredi di Svevia nel canto III del Purgatorio della Divina Commedia.
Il principe svevo, circondato da un alone di fascino attorno alle sue fattezze fisiche (“Biondo era e bello e di gentile aspetto”, dira’ di lui il ‘sommo poeta’), ancora oggi continua a suscitare interrogativi in ordine al luogo della sua sepoltura.
La vicenda storica che porto’ alla morte di Manfredi il 26 febbraio 1266 a Benevento, ucciso dall’esercito francese di Carlo D’Angio’, chiamato da papa Clemente IV, e’ ben nota.
Incoronato re di Sicilia nel 1258, Manfredi per la Chiesa era un usurpatore perche’ aveva scavalcato il legittimo pretendente al trono, Corradino, figlio di Corrado IV, nominato nel testamento paterno erede del Regno Apulo-siculo.
Corradino, pero’, all’epoca dei fatti aveva solo cinque anni e Manfredi rivendicava per tale motivo la sua autorita’ oltre che contro l’Impero anche contro la Chiesa che, invece, il 6 gennaio 1266 incorono’ re di Sicilia Carlo D’Angio’, fratello del Re di Francia Luigi IX, detto ‘Il Santo’.
Di qui l’origine dell’aspra contesa, nota come ‘La Battaglia di Benevento’ che termino’ con la morte di Manfredi e la conseguente conquista angioina del Regno di Sicilia.
Il corpo del ghibellino fu trovato ed identificato dopo due giorni di strenua ricerca tra le migliaia di soldati caduti sul campo di battaglia.
Fin qui i fatti narrati dai numerosi studiosi che si sono succeduti nel tempo sui quali non ci sono dubbi di sorta; il mistero, ancora irrisolto nonostante il notevole decorso del tempo, riguarda il luogo di sepoltura ed, in particolare, il ponte, mai nominato, presso il quale fu sistemato il cadavere di Manfredi. Di quale ponte si tratta ?
Serafina Pascarella, in un libro pubblicato nel febbraio 1985 (“Sulle orme di Manfredi di Svevia”, edizioni C.Edi.M. -Milano) diede una sua personale interpretazione dei fatti storici, come “…persona assolutamente non addetta ai lavori, ma che con molto amore, e tenacia e perseveranza s’e’ presa la briga di studiare per lunghi anni decine di testi, di controllare e ricontrollare le varie versioni dei fatti (di autori italiani, francesi, tedeschi) di esaminare di persona con carte e sopralluoghi le diverse ubicazioni dei luoghi di volta in volta ritenuti sede della battaglia…”.
Con grande umilta’ la compianta dottoressa si propose di essere di stimolo agli esperti ed agli storici per chiarire la controversa questione precisando di attenersi esclusivamente ai documenti e testimoni (anche partecipi degli eventi) senza dare troppo peso a soggetti posteriori e lontani dagli avvenimenti “…che deformarono la verita’ per passione politica o per insufficienza d’informazioni, costruendo la complessa leggenda  nella quale gli eventi diventano quasi irriconoscibili…”.
Sulla base di tali premesse, Serafina Pascarella confuto’ le teorie di illustri predecessori, tra i quali il Borgia e lo Zazo, e portando a giustificazione della sua convinzione l’esame di fonti dirette, provenienti direttamente dai protagonisti della battaglia, e cioe’ le lettere di Carlo D’Angio’ al papa Clemente IV, quella di Ugo De Baussay ai nobili d’Angio’ e di Tours, un atto notarile del notaio beneventano De Maurellis, datato 5 marzo 1266, a meno di dieci giorni dalla battaglia, ed infine la dinamica degli avvenimenti storici, giunse alla conclusione che il ponte presso il quale fu sepolto Manfredi fu il Ponte Fratto di contrada Pantano.
Riportiamo un passaggio significativo delle considerazioni della Pascarella:
“…La minaccia di un attacco alle spalle e poi la marcia contemporanea di due eserciti nemici presso lo stesso obiettivo imponevano delle precauzioni all’invasore, il quale per la verita’ ne prese molte, evitando con cura le valli del Volturno e del Calore che costituivano l’accesso piu’ agevole verso la regione beneventana.
Infatti l’Angioino, gia’ a corto di mezzi e di vettovaglie, preferi’ esporsi ai disagi e alle insidie di luoghi sconosciuti per evitare ogni eventuale contatto col nemico.
Sappiamo percio’ con certezza che Carlo D’Angio’ aveva raggiunto Benevento passando attraverso le montagne dell’Alto Sannio per Piedimonte, Alife e Telese e si sarebbe attestato su di un colle dal quale poteva vedere l’esercito di Manfredi “mirabilmente ordinato a battaglia” in una vasta piana di contro la citta’.
Ora il colle che corrisponde a questi requisiti e’ quello di S.Vitale che domina dall’alto e l’ampia piana di Roseto da un lato e quella di Pantano con la confluenza del Sabato e del Calore, posti “di contro alla citta’ ” e si trova a settentrione della citta’.
Inoltre la piana di Roseto sufficientemente ampia per consentire lo spostamento veloce delle cavallerie costituite da circa 20000 uomini complessivamente, quali erano appunto quelle di Carlo e di Manfredi insieme, che nella loro corsa potevano cosi’, avvicinandosi alla citta’, spostarsi in contrada Pantano, dove la fase decisiva della battaglia avrebbe visto la morte di Manfredi.
E il ponte Fratto di cui sono ancora visibili i resti in contrada Pantano, essere il ponte presso il quale sarebbe stato sepolto Manfredi.
Inoltre, particolare tutt’altro che insignificante, il ponte Fratto, che all’epoca si chiamava Pons Maior era il ponte traverso il quale giungeva a Benevento la Via Latina proveniente da S. Germano.
Quella stessa fortezza di S. Germano che per ultima aveva opposto resistenza a Carlo, la strada dunque che Carlo aveva percorsa per giungere a Benevento.
Sono troppe le coincidenze per non farcene vedere tutta la suggestione…”.
A ricordo dell’evento, l’amministrazione comunale qualche decennio fa fece erigere dal compianto scultore Bruno Mistrangelo un bassorilievo all’estremita’ del ponte vanvitelliano sul Calore mentre un dipinto realizzato nel 1838 dall’artista Giuseppe Bezzuoli e raffigurante il ritrovamento del corpo di Manfredi fa’ bella mostra di se’ nella Sala Vergineo del Museo del Sannio di Benevento.
La stele col bassorilievo dello scultore Bruno Mistrangelo