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TOP SANNIO – Mario Rotili, studioso di storia dell’arte, docente, politico. Un uomo d’altri tempi –

Aveva solo 36 anni quando nel 1956 fu eletto sindaco di Benevento guidando un governo gestito dalla Democrazia Cristiana, il partito per tanti anni  egemone dell’Italia repubblicana  dopo il predominio liberale del periodo monarchico: il giovane Mario Rotili simboleggio’ la tendenza al rinnovamento dei quadri democristiani che si ebbe a meta’ degli anni cinquanta a Benevento.
Ma evidentemente non fu solo un’operazione esclusivamente anagrafica perche’ Rotili, pur non caratterizzandosi come classico uomo di partito, catalizzava la stima e la simpatia di quanti, ed erano tanti, riconoscevano in lui una personalita’ di ispirazione moderata e cristiana, dotato di vasta cultura e lontano dallo stereotipo del “professionista politico”, rigido e fazioso.
Anzi, fu proprio la sua immagine di persona disponibile al confronto piu’ che allo scontro frontale che si impose all’attenzione degli elettori; Rotili fu il piu’ votato nella sua lista ed i consiglieri comunali del suo partito non ebbero alcuna difficolta’ a sceglierlo come primo cittadino (all’epoca non era ancora istituita la legge elettorale che prevedeva un suffragio a parte per l’elezione del sindaco).
E Rotili non deluse le aspettative. Rivelo’ doti non comuni di mediatore. Basti pensare che nel suo settennato piu’ del 90% delle delibere furono approvate all’unanimita’, un dato che merito’ il rinnovo della fiducia dell’elettorato nei suoi confronti in occasione delle successive elezioni comunali del 1960 nelle quali il sindaco in carica riporto’ oltre cinquemila preferenze, circa duemila in piu’ rispetto alla precedente consultazione, distaccando di oltre tremila voti il secondo della sua lista.
Durante il suo sindacato si distinse, oltre che per le sue doti di equilibrio, con interventi misurati e scevri da formalismi procedurali e da congetture politiche ‘sibilline’, anche e soprattutto per la passione e l’interesse verso il mondo dell’arte e della cultura.
Del resto, non poteva essere altrimenti visto e considerato che prima del suo impegno in politica Mario Rotili era conosciuto come studioso di storia dell’arte e non solo di quella provinciale beneventana.
Nel campo della pubblica istruzione la sua attivita’ fu decisiva nella realizzazione di ben 14 edifici scolastici urbani e 14 rurali laddove esistevano a Benevento nel 1956 soltanto l’Istituto Magistrale, il Liceo Ginnasio, le scuole elementari “Mazzini” e “Colonnette”, qualche aula elementare al rione Liberta’ e l’Istituto Industriale.
Il suo impegno in materia di beni culturali produsse un’enorme crescita di sviluppo e di interesse intorno all’Arco del Sacramento, il Teatro Romano, l’Arco di Traiano, la chiesa longobarda di Sant’Ilario, il complesso di Santa Sofia, la zona del Duomo: tutti monumenti ai quali furono dedicati interventi importanti pari alla loro rilevanza storico-artistica.
Per non parlare del Museo del Sannio, del quale divenne anche direttore, oggetto di lavori, completati nel giro di soli quattro anni, che portarono alla nascita di sezioni importantissime ed al passo con i tempi, quali la Biblioteca, la sezione archeologica, l’archivio storico, la sezione d’arte medioevale e moderna.
Il sindacato di Mario Rotili si interruppe nel 1963 quando decise di ritirarsi dalla vita politica e di non riaccettare la carica di sindaco rioffertagli dal suo partito perche’ deluso dallo scontro di interessi sia interni che esterni alla Democrazia Cristiana.
In particolare, mostro’ la sua profonda avversione per gli sviluppi politici in ordine alla definizione del tracciato dell’autostrada Napoli-Bari che aveva visto contrapposti l’amministrazione comunale beneventana agli interessi delle province di Avellino, Napoli e Bari che erano pur rappresentati da gruppi ed esponenti democristiani.
Dopo questa infelice esperienza il Rotili politico lascio’ il posto al Rotili studioso: numerose e pregevolissime furono le sue iniziative editoriali.
Il Museo del Sannio divenne, sotto la sua autorevole direzione e guida, un centro culturale di primissimo ordine: concerti, manifestazioni, convegni, mostre contribuirono a fare di esso un riferimento costante di promozione culturale e non piu’ solo di deposito ed esposizione.
Poi subentro’ l’attivita’ universitaria a Napoli dove insegno’ dal 1970 “Storia della miniatura e delle arti minori” e, dal 1976, passo’ alla cattedra di “Storia dell’Arte Medievale e Moderna”.
Mori’ il 26 febbraio 1981, all’eta’ di 61 anni.

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TOP SANNIO – QUANTO CI MANCA LA ” BENEVENTANITA’ ” DI ANTONIO SORGENTE ! – Il compianto “don Saverio” avrebbe punzecchiato a dovere i nostri amministratori –

Ci sarebbe stata parecchia materia prima, tale da offrire ad Antonio Sorgente gli spunti necessari alla sua proverbiale ironica comicita’ sui personaggi piu’ in vista di Benevento.
Forse l’avvento di Internet col suo distacco dal contatto fisico avrebbe condizionato la sua verve, abituato com’era ad una gestualita’ e ad una ‘parlata’ che arrivava direttamente nella coscienza dei beneventani.
Ma siamo sicuri che la sua genialita’ avrebbe sopperito senz’altro all’incomunicabilita’ del web.
Piu’ che attraverso i suoi scritti, Antonio Sorgente si faceva apprezzare dalle sequenze di una emittente televisiva locale quale mirabile conduttore, unitamente al dott. La Polla, sua spalla ideale, di una fortunata trasmissione imperniata sulla satira politica dove i suoi bersagli preferiti erano gli amministratori comunali.
In un dialetto molto originale e colorito e spacciandosi per “don Saverio”, personaggio da lui creato, popolano e bidello di scuola, si trasformava in maestro di vita lanciando i suoi strali, pungenti ma mai offensivi e volgari, nei confronti dei concittadini piu’ illustri.
Nelle sue performances metteva in evidenza la nostalgia per la Benevento di un’epoca diversa, con la sua vita semplice, i suoi personaggi mitici per la loro umilta’ e spiritosaggine, i suoi vicoli caratteristici, tutti ingredienti efficacissimi per ottenere un vastissimo consenso popolare.
Sorgente era profondamente innamorato della sua Citta’ e soffriva per il degrado nel quale versava per colpa dell’inefficienza dei suoi amministratori.
Amante del teatro, dipingeva e scriveva poesie in vernacolo. A tale ultimo riguardo, proponiamo una simpatica lirica tratta da un suo libro edito nel 1981 (“Don Saverio racconta…”) dal titolo “Poesia di votazione” :
“Nelle liste del candidato
una novita’ c’e’ stato…
i partiti mo’ di botto
si hanno fatto patriotto
in ogni lista hanno piazzato
quattro, cinque o sei soldato
la nostra patria hanno onorata
con quest’aldra lora penzata??
o puramento, com’io sospetto
non avevano a chi ci metto??
le lezioni comunale
sono troppo originale
se il fratello, il cogino, il cognato
in tante liste mo’ stanno inzippato
elettore non sai che fare?
e il tuo voto a chi devi dare?
per non sentiro lamento e lagna
quel giorno te ne vai in campagna
te ne fotti di loro, di ognuno
il tuo voto non lo dai a nessuno
…Che come si vota e come si gira
sempre l’istesso e’ il vento che tira”.

Antonio Sorgente nacque a Benevento l’11 maggio 1930. Dopo la laurea in Lingue conseguita presso l’Istituto Orientale dell’Universita’ di Napoli, fu docente di francese negli istituti superiori.
Tra le sue opere ricordiamo:  “Don Saverio racconta” (1981), ” Versi sfiziosi “ (1995), La storia di Benevento” (1999), in vernacolo, “Versi spassosi” (2008).
Mori’ a Benevento il 17 gennaio 2019

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TOP SANNIO – Antonio Del Donno, tra i 100 artisti piu’ importanti al mondo – Un suo dipinto “L’interno della Chiesa di Santa Sofia di Benevento” commentato da Salvatore Basile –

L’emittente televisiva “Rai3”, nel corso di uno speciale durante la trasmissione “Mezzogiorno Italia” del 5 maggio 2018 ed. nazionale, lo defini’ tra i 100 artisti piu’ importanti al mondo: Antonio Del Donno, pittore e scultore, nelle sue opere era solito accompagnare con oggetti la sua pittura gestuale ironizzando sulla pubblicita’ e criticando il consumismo e la banalita’ che spesso la permeava.
Influenzato da artisti di fama mondiale, tra cui Andy Warhol, Schifano, Rauschemberg ed altri, i suoi quadri sono esposti in molti musei di citta’ italiane e straniere e su di lui hanno scritto molti importanti artisti.
Amico di Mimmo Paladino, col quale spesso frequentava, nel decennio 1960-70, la galleria di Lucio Amelio a Napoli, ebbe dovunque attestazioni di stima per la sua arte, onore e vanto della citta’ di Benevento.
In un articolo, pubblicato sul n. 4 del periodico “Samnium” dell’ottobre-dicembre 2000, fondato da Alfredo Zazo, cosi’ si espresse l’allora Direttore responsabile Salvatore Basile in ordine ad un suo dipinto:
Antonio Del Donno, reduce dalla mostra ‘Opere Rivisitate – Opere Recenti’, organizzata dalla Galleria d’Arte Vinciguerra di Bellona, Caserta, e dal Direttore del Museo Campano di Capua, don Giuseppe Centore nella prestigiosa Sala dei Mosaici del glorioso Museo (ed ivi tenuta dal 109 al 31 dicembre  2000), ripropone una serie di immagini tra cui l’interno della chiesa di Santa Sofia di Benevento. Doppiamente suggestivo sia per l’incantamento dell’opera architettonica originale in se’, sia per l’incantesimo del segno artistico di Antonio, desta l’attenzione dei riguardanti catturandone l’ammirazione. Il disegno in questione e’ un’acquaforte (70×50) su foglio (300×240) dove le curvilinee degli archi e le linee rette dei pilastri si evidenziano sbocciando nella dissolvenza dell’interno del tempio caro ai beneventani, caro al pittore che nello stile dell’incisione riapre l’archivio della sua poetica ripescandone alla luce del tempo contemporaneo la memoria, mai sopita, della sua arte anni Sessanta. Estraneo alla mostra di Capua, il manufatto ne condivide il momento storico figurativo e artistico delle vedute e degli interni di monumenti del passato rivissuti attraverso lo stile ed il gusto della linea, onnipresente sia nell’opera grafica che nella pittura di pensiero piu’ attuale e sempre piu’ meditativo del pittore…”.

Antonio De Donno nacque a Benevento il 27 novembre 1927. Dopo aver frequentato l’Istituto Tecnico per Geometri di Benevento (1945-50) si trasferi’ a Napoli frequentando il Liceo Artistico e l’Accademia delle Belle Arti.
Insegno’ Educazione Artistica presso la Scuola Media “G. Vitelli” di Benevento.
Tenne la sua prima mostra personale nel 1962 presso la Pinacoteca Provinciale di Benevento.
La sua popolarita’ crebbe progressivamente in virtu’ della sua grande personalita’ artistica, accompagnata da una pari disponibilita’ umana.
Nel novembre 2017 i comuni di Benevento e Santa Croce del Sannio, in occasione del suo 90′ compleanno, gli dedicarono tre giorni di mostre, convegni ed incontri.
Le sue opere sono conservate in numerose collezioni private del Sannio oltre che in Musei italiani ed esteri.
Mori’ a Benevento il 19 novembre 2020.

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Pollice su per… IL DANTEDI’ – Celebrati i 700 anni del “sommo Poeta” –

Non so se Dante era un uomo libero o un fallito o servo di partito”.
Così parafrasava Antonello Venditti in una sua famosa canzone degli anni settanta, quasi a voler criticare l’insegnamento di Dante Alighieri nelle scuole italiane.
E, forse, non aveva tutti i torti perchè del “sommo Poeta” ci si limitava a leggere ed interpretare la sua immensa opera artistica soffermandosi poco, troppo poco, sul suo orientamento politico.
Su tale ultimo aspetto, rimandiamo ad un podcast dell’esimio professore Alessandro Barbero, noto studioso ed esperto medioevalista.
L’anno scorso il Consiglio dei Ministri ha istituito il 25 marzo come giornata celebrativa dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri ed in occasione del “Dantedì” molte sono state le manifestazioni ed i percorsi culturali e letterari ispirati al “mostro sacro” della letteratura italiana e mondiale.
La data scelta è quella presunta dell’inizio del viaggio ultraterreno di Dante raccontato nella “Divina Commedia”.
Come in tutti gli eventi di cotal natura, però, ci auguriamo che l’occasione venga colta non solo per celebrare una figura importante ed universalmente riconosciuta tale in tutti i tempi ed in tutti i luoghi ma anche per leggere, studiare ed interpretare un personaggio allo scopo di superare quella limitata comunicabilità espressa sui social network.

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GIORGIO DE CHIRICO, PITTORE METAFISICO – Nel 1978 la morte del grande artista –

Il 20 novembre 1978 moriva a Roma il pittore Giorgio De Chirico (Volos-Grecia, 10 luglio 1888/ Roma, 20 novembre 1978).
La sua fama si diffuse nel 1910 quando dipinse la sua prima piazza metafisica, “L’enigma di un pomeriggio d’autunno“.
Iniziò così la stagione della pittura metafisica, di cui fu il principale esponente con una nuova concezione dello spazio e del tempo, uomini soli che si immergono in ambienti irreali e bizzarri, sogni e realtà che si mischiano. Opere che rappresentano tuttora il segno più caratteristico del Novecento italiano.
Amante della filosofia, si appassionò a Nietzsche e strinse amicizia con Apollinaire e Picasso.
Espose dovunque i suoi capolavori, Londra, Parigi, Milano, Firenze, Torino, Roma.
Fu onorato dai critici di tutto il mondo e fu anche autore di scritti teorici.
Uno dei più grandi maestri dell’arte del Novecento.

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LEONARDO DA VINCI, GRANDE GENIO DELL’UMANITA’ – Nel 1519 moriva il grande scienziato italiano –

Il 2 maggio 1519 moriva ad Amboise, in Francia, Leonardo da Vinci, uno dei più grandi geni dell’umanità.
Pittore, scultore, scienziato, inventore, non esiste un unico attributo per definire l’incredibile versatilità di un uomo che ha spaziato ai massimi livelli nei campi dell’arte e della conoscenza.
Nato nel 1452 da una relazione illegittima, Leonardo nel 1469 fu mandato dal padre nella bottega di Andrea del Verrocchio, all’epoca tra le più prestigiose di Firenze,  ove mise in evidenza da subito la sua bravura nel disegno.
In questa bottega rimase per diversi anni e, oltre a realizzare alcune opere famose, fra cui “Paesaggio con fiume”, collaborò, come era in uso a quell’epoca, ad altri dipinti a più mani, quali “L’Arcangelo Raffaele e Tobiolo” e “Battesimo di Cristo”.
Secondo il Vasari, fu proprio la realizzazione del “Battesimo di Cristo” a convincere il Verrocchio a spingere Leonardo a dedicarsi alla scultura. Ancora oggi, però, la critica è in disaccordo nel riconoscere a Leonardo la paternità di alcune opere scultoree, uscite dalla bottega del Verrocchio.
Dopo essere stato prosciolto nel 1476 dall’accusa di sodomia a seguito di una denuncia anonima, l’artista ritornò alla pittura avvicinandosi a Lorenzo de’ Medici, detto Il Magnifico, dal quale ricevette probabilmente incarichi di consulenze militari ed ingegneristiche.
Nel 1482, forse per seguire Lorenzo Il Magnifico nelle sue politiche diplomatiche con le signorie italiane, Leonardo si trasferì a Milano ove, tra le altre cose, costruì un’originalissima lira in argento con la quale vinse una gara musicale dimostrando tutto il suo talento anche in questa disciplina.
L’anno successivo gli fu commissionata la pala della “Vergine delle Rocce” da collocare sull’altare di una cappella in una chiesa oggi distrutta. In maniera molto originale raffigurò la scena del leggendario incontro tra san Giovannino e Gesù Bambino nel deserto.
Nel frattempo, nella città lombarda continuò i suoi studi di meccanica e progettò, per conto di Ludovico il Moro, importanti sistemi di irrigazione oltre ad inventare macchine militari e a dipingere ritratti con uno stile tutto suo caratterizzato dal legame tra le fisionomie e “i moti dell’animo”.
Tra le commissioni ducali, importante fu quella delle decorazioni nel Castello Sforzesco per le nozze di Gian Galeazzo Maria Sforza e Isabella d’Aragona e, soprattutto, la progettazione del Monumento equestre a Francesco Sforza che Ludovico il Moro voleva dedicare alla memoria del padre.
L’incarico affidatogli era molto impegnativo sia per le dimensioni della statua che doveva essere fusa in bronzo ma sia anche per l’impresa di scolpire un cavallo intento ad impennarsi e ad abbattersi sul nemico. Il colossale modello in creta fu esposto pubblicamente nel 1493 suscitando l’ammirazione generale ma l’opera non fu completata per l’indisponibilità delle 100 tonnellate di bronzo che furono utilizzate per la costruzione di cannoni a difesa del ducato d’Este dall’invasione dei francesi di Luigi XII. Deluso per la mancata realizzazione del progetto, Leonardo ricevette, però, un altro incarico importante, quello di realizzare nel convento di Santa Maria delle Grazie una raffigurazione dell’Ultima Cena che si rivelò un vero capolavoro dell’artista.
Dopo l’occupazione da parte dei francesi, Leonardo abbandonò Milano per riparare prima a Mantova e poi a Venezia, infine ritornò a Firenze dopo vent’anni di assenza e fu assoldato da Cesare Borgia in veste di architetto ed ingegnere militare. Per lui Leonardo mise a punto un nuovo tipo di polvere da sparo , studiò macchine volanti e strumenti per la guerra sottomarina.
Verso la fine degli anni cinquanta, iniziò a lavorare alla “Gioconda”, il capolavoro che lo rese celebre nei secoli.
Il dipinto, considerato il ritratto più famoso del mondo, che raffigura Lisa Gherardini nata nel 1479 e moglie di Francesco Bartolomeo del Giocondo, come scrisse nel 1951 Charles de Tolnay, celebre storico dell’arte, “…emana un enigma: l’anima è presente ma inaccessibile..”.
Nei primi anni del Cinquecento, dopo la morte del padre, Leonardo approfondì i suoi studi sull’anatomia dei volatili e, pur non completando il suo Trattato sul volo finalizzato al progetto di una macchina volante che rientrava tra le sue ambizioni più grandi, nel 1505 compilò il “Codice sul volo degli uccelli” pervenendo alla progettazione della sua macchina volante più evoluta, il “Grande Nibbio“.
Nel 1508, sollecitato dal governatore francese di Milano, Charles d’Amboise, Leonardo tornò a Milano ove restò fino al 1513 svolgendo un’attività artistica molto intensa.
Gli ultimi anni della sua vita li trascorse serenamente in Francia alla corte del re Francesco I che lo trattò con molti onori facendolo alloggiare, insieme al suo amico Francesco Melzi, nel castello di Clos-Lucè nei pressi di Amboise dove si spense la sua esistenza.

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BIBBIA E COLORI VIVACI IN MARC CHAGALL – 35 anni fa la scomparsa del famoso pittore –

Il 28 marzo 1985 moriva il pittore russo, naturalizzato francese, Marc Chagall.
Nato in una famiglia ebraica nel 1887, Chagall si ispirava, nelle sue opere, alla vita popolare della Russia Europea e ad episodi della sua infanzia.
Il suo stile, basato sulla scelta di colori vivaci e brillanti finalizzati a suscitare l’ottimismo nella gente, si discostava dai movimenti del cubismo e del fauvismo, ai suoi tempi imperante, per avvicinarsi, invece, alla cosiddetta “Scuola di Parigi” e ad uno dei suoi maggiori esponenti, Amedeo Modigliani,
Amava la Bibbia, che considerava la più importante fonte di poesia e d’arte, studiandola con passione ed interesse a partire dagli anni trenta.