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Il tempo nella poesia – N. 8 EUGENIO MONTALE

Eugenio Montale
Eugenio Montale

La casa dei doganieri

Tu non ricordi la casa dei doganieri

sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:

desolata t’attende dalla sera

in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri

e vi sostò irrequieto.

Libeccio sferza  da anni le vecchie mura

e il suono del tuo riso non è più lieto:

la bussola va impazzita all’avventura

e il calcolo dei dati più non torna.

Tu non ricordi; altro tempo frastorna

la tua memoria; un filo s’addipana.

Ne tengo ancora un capo; ma s’allontana

la casa e in cima al tetto la banderuola

affumicata gira senza pietà.

Ne tengo un capo; ma tu resti sola

nè qui respiri nell’oscurità.

Oh l’orizzonte in fuga, dove s’accende

rara la luce della petroliera !

Il varco è qui ? (Ripullula il frangente

ancora sulla balza che scoscende…).

Tu non ricordi la casa di questa

mia sera.  Ed io non so chi va e chi resta.

di Eugenio Montale

 

Il presente e il passato si intrecciano nei modi informi ed intermittenti della memoria che sbiadisce nel tempo.

 

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Il tempo nella poesia – N. 7 JOHN KEATS

                                                                         Ode su un’urna greca

John Keats
John Keats

Tu, ancora inviolata sposa della quiete,
Figlia adottiva del tempo lento e del silenzio,
Narratrice silvana, tu che una favola fiorita
Racconti, più dolce dei miei versi,
Quale intarsiata leggenda di foglie pervade
La tua forma, sono dei o mortali,
O entrambi, insieme, a Tempe o in Arcadia?
E che uomini sono? Che dei? E le fanciulle ritrose?
Qual è la folle ricerca? E la fuga tentata?
E i flauti, e i cembali? Quale estasi selvaggia?

Sì, le melodie ascoltate son dolci; ma più dolci
Ancora son quelle inascoltate. Su, flauti lievi,
Continuate, ma non per l’udito; preziosamente
Suonate per lo spirito arie senza suono.
E tu, giovane, bello, non potrai mai finire
Il tuo canto sotto quegli alberi che mai saranno spogli;
E tu, amante audace, non potrai mai baciare
Lei che ti è così vicino; ma non lamentarti
Se la gioia ti sfugge: lei non potrà mai fuggire,
E tu l’amerai per sempre, per sempre così bella.

Ah, rami, rami felici! Non saranno mai sparse
Le vostre foglie, e mai diranno addio alla primavera;
E felice anche te, musico mai stanco,
Che sempre e sempre nuovi canti avrai;
Ma più felice te, amore più felice,
Per sempre caldo e ancora da godere,
Per sempre ansimante, giovane in eterno.
Superiori siete a ogni vivente passione umana
Che il cuore addolorato lascia e sazio,
La fronte in fiamme, secca la lingua.

E chi siete voi, che andate al sacrificio?
Verso quale verde altare, sacerdote misterioso,
Conduci la giovenca muggente, i fianchi
Morbidi coperti da ghirlande?
E quale paese sul mare, o sul fiume,
O inerpicato tra la pace dei monti
Ha mai lasciato questa gente in questo sacro mattino?
Silenziose, o paese, le tue strade saranno per sempre,
E mai nessuno tornerà a dire
Perché sei stato abbandonato.

Oh, forma attica! Posa leggiadra! con un ricamo
D’uomini e fanciulle nel marmo,
Coi rami della foresta e le erbe calpestate –
Tu, forma silenziosa, come l’eternità
Tormenti e spezzi la nostra ragione. Fredda pastorale!
Quando l’età avrà devastato questa generazione,
Ancora tu ci sarai, eterna, tra nuovi dolori
Non più nostri, amica all’uomo, cui dirai
“Bellezza è verità, verità bellezza,” – questo solo
Sulla terra sapete, ed è quanto basta.

 

        di John Keats      

 

     L’ode è dedicata alla “pura bellezza” che resiste  alle ingiurie del tempo ed è portatrice di una verità assoluta.

Urna greca: ispiratrice dell'ode di Keats.
Urna greca: ispiratrice dell’ode di Keats.


 

 

 

 

 

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Il tempo nella poesia – N. 6 GABRIELE D’ANNUNZIO

La sabbia del tempo

Gabriele D'Annunzio
Gabriele D’Annunzio

Come scorrea la calda sabbia lieve

  per entro il cavo della  mano in ozio,

il cor sentì che il giorno era più breve.

E un’ansia repentina il cor m’assalse

per l’appressar dell’umido equinozio

che offusca l’oro delle piagge salse.

Alla sabbia del tempo urna la mano

                                                era, clessidra il cor mio palpitante,

                                                l’ombra crescente d’ogni stelo vano

                                                quasi ombra d’ago in tacito quadrante.            

L’appressarsi della vecchiaia e della morte, manifestata dalla leggerezza della sabbia nel cavo della mano, provoca nel poeta un sottile sentimento d’angoscia.

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Il tempo nella poesia – N. 5 UMBERTO SABA

Umberto Saba
Umberto Saba

L’ora nostra

Sai un’ora del giorno che più bella sia della sera ?

Tanto più bella e meno amata ?

E’ quella che di poco i suoi sacri ozi precede;

l’ora che intensa è l’opera,

e si vede la gente mareggiare nelle strade;

sulle moli quadrate delle case

una luna sfumata,

una che appena discerni nell’aria serena.

E’ l’ora che lasciavi la campagna

per goderti la tua cara città,

dal golfo luminoso alla montagna

varia d’aspetti in sua bella unità;

l’ora che la mia vita in piena va

come un fiume al suo mare;

e il mio pensiero, il lesto camminare

della folla, l’artiere in cima all’alta

scala, il fanciullo che correndo salta

sul carro fragoroso, tutto appare

fermo nell’atto, tutto questo andare

ha una parvenza d’immobilità.

E’ l’ora grande, l’ora che accompagna

meglio la nostra vendemmiante età.

di Umberto Saba

 

Il tempo è concepito dal poeta come un conforto allo sfiorire della prima giovinezza, quasi a voler consolare il trascorrere degli anni.

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Il tempo nella poesia – N. 4 LUIS de GONGORA

index                                                                              Luis de Gongora

Della brevità ingannosa della vita

Mai bramò tanto veloce saetta

decreto segno che poi morse acuta

carro in agone per la rena muta

mai coronò con più silenzio meta,

quanto affannosa va, quanto segreta

la nostra età al suo fine.  A chi ne dubita,

quasi una fiera che di senno è nuda,

ogni sole che torna è una cometa.

Cartagine l’attesta, e tu l’ignori ?

Corri pericolo, Licio, ostinato

a inseguire ombre, ad abbracciare inganni.

Non te risparmieranno certo le ore,

le ore che limando vanno i giorni,

i giorni che rodendo vanno gli anni.

di Luis de Gongora

 

I giorni e gli anni divorano la vita umana, rendendola ingannevole agli occhi del poeta.

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Il tempo nella poesia – N. 3 PABLO NERUDA

index  Il nuovo sonetto a Elena

Quando tu sarai vecchia, bimba (Ronsard già te lo disse)

     ricorderai quei versi che io recitavo.

     Avrai i seni tristi d’aver cresciuto i figli,

     gli ultimi germogli della tua vita nuova…

     Io sarò così lungi che le tue mani di cera

     areranno il ricordo delle mie rovine nude.

     Comprenderai che può nevicare in Primavera

     e che in Primavera le nevi son più crude.

     Io sarò così lungi che l’amore e la pena

     che prima vuotai nella tua vita come un’anfora piena

     saran condannati a morire tra le mie mani…

   E sarà tardi perchè se n’è andata la mia adolescenza,

tardi perchè i fiori una volta danno essenza

e perchè anche se mi chiamerai io sarò così lungi…

 

Nel tempo che passa si manifesta l’amarezza dell’inappagato.

Unica realtà è il ricordo, che lacera nel profondo dell’animo.

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Il tempo nella poesia- N. 2 OCTAVIO PAZ

index           Oggi, sempre oggi

Parli (si odono piogge su piogge)

non so cosa dici (una mano gialla ci sorregge)

     Taci (nascono uccelli su uccelli)

non so dove siamo (un alveolo scarlatto ci racchiude)

Ridi (le gambe del fiume si coprono di foglie)

non so dove andiamo (oggi è già domani in mezzo alla notte)

Oggi che si apre e si chiude

che mai si muove e non si ferma

cuore che mai si spegne

Oggi (un uccello si posa su una torre di grandine)

E’ sempre mezzodì.

di Octavio Paz

 

Il poeta esprime l’idea di un tempo immobile perchè nulla cambia.

La sua esistenza sembra priva di stimoli e di interessi emotivi.

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IL TEMPO NELLA POESIA – N. 1 William Shakespeare

Il tempo è uno degli aspetti più inquietanti della condizione umana considerando che il suo decorso rappresenta inevitabilmente l’approssimarsi alla morte.

Nella miriade di sfumature in cui viene concepito, spesso, però, si perde di vista la sostanza del problema: esso è l’unica vera proprietà di cui disponiamo ma, quasi inconsapevolmente, ci viene sottratta a causa della nostra incapacità a riconoscerle il giusto valore.

L’ozio, l’impegno in occupazioni inutili, l’ostinazione ad accumulare ricchezze in vista di progetti futuri, come se fossimo immortali, sono solo alcuni sintomi rivelatori della scarsa considerazione che abbiamo del tempo, che scorre più veloce della nostra ragione; esso va impiegato compiutamente, non va sprecato perchè è racchiuso in uno spazio limitato, dai confini sconosciuti.

I componimenti che seguono non hanno la pretesa di essere considerati i migliori ma rappresentano, a titolo esemplificativo, tredici tra i tanti approcci di autorevoli poeti sull’argomento in questione.

Quando conto i rintocchi che dicono l’ora,

E vedo il giorno radioso caduto in orrida notte;

Quando contemplo delle viole ormai vizze,

O riccioli bruni tutti sbiancati d’argento;

Quando spogli rivedo quegli alberi immensi

William Shakespeare
William Shakespeare

Che al gregge un tempo furon schermo alla calura,

E il verde dell’estate, ormai cinto in covoni

Portato sulla bara, irto di bianco e ispido pelo;

Io penso allora al destino della tua bellezza,

Chè tu pure ne andrai  tra i rifiuti del tempo,

Poi che le cose più dolci e belle tradiscon se stesse,

E muoiono a misura  che altre ne sbocciano intorno;

E niente potrà far difesa contro la falce del Tempo,

Fuor da una prole, che lo sfidi quand’ei

Venga a rapirti.                                                                                                          

di William Shakespeare

Il sonetto, indirizzato ad un giovane che ha lo stesso sesso del poeta, mette in evidenza l’opera distruttrice del tempo.   Il poeta esorta il destinatario a prendere moglie per perpetuare la sua stirpe ed il ricordo della sua bellezza.

 

 

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AMADO NERVO, poeta messicano

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Mi sono imbattuto per caso nei versi di questo poeta, molto dolci e suggestivi oltrechè semplici, scoprendo che Evita Peròn aveva sostenuto un provino da attrice recitando una sua poesia.

Amado Nervo, pseudonimo di Juan Crisòstomo Ruiz de Nervo y Ordaz, nacque a Tepic, in Messico. il 27 agosto 1870.

Orfano di padre già dall’età di 8 anni, ebbe un’infanzia caratterizzata da ristrettezze economiche  che lo costrinsero, in età adolescenziale, ad abbandonare gli studi di Diritto che aveva intrapreso lontano dalla città natale.

Iniziò la carriera letteraria collaborando con alcuni periodici e stringendo amicizia con grandi esponenti della poesia tardo romantica e modernista messicana.

Le sue prime raccolte poetiche “Perlas Negras” (1896) e  “Mistica” (1898) gli valsero molti apprezzamenti dal pubblico e dalla critica.

Nel 1905 iniziò la carriera diplomatica con la nomina di Secondo Segretario della Delegazione del Messico in Spagna; l’anno dopo fu elevato a Primo Segretario, pur senza mai rinunciare all’attività letteraria e giornalistica.

Morì il 24 maggio 1919, all’età di 48 anni, quando era ancora all’apice della sua fama e della sua carriera.

Tra le sue poesie, ho scelto “In pace” :

     Molto vicino al tramonto io ti benedico, Vita

Perchè mai mi desti false speranze

nè lavori ingiusti, nè pene immeritate.

Poichè vedo alla fine del mio arduo cammino

che io fui l’architetto del proprio mio destino

che se estrassi il miele o la bile dalle cose

fu perchè in esse io misi bile o saporito miele

quando piantai roseti, raccolsi sempre rose.

…E’ certo, alle mie fioriture seguirà l’inverno

ma tu mai mi dicesti che maggio fosse eterno

furono senza alcun dubbio lunghe le notti

accompagnate dalle mie pene

ma tu mai mi promettesti solo notti buone

a cambio ne ebbi alcune serenamente sante…

Amai, fui amato, il sole accarezzò il mio volto.

Vita nulla mi devi, Vita siamo in pace!