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La scomparsa del “Campionissimo”

indexindex     Alle 8,45 del 2 gennaio 1960 muore Fausto Coppi, il “Campionissimo”, così come era stato soprannominato per le sue innumerevoli vittorie; il ciclismo, ma più in generale lo sport mondiale, perdono un grande campione divenuto un mito per tutti.

Era nato a Castellania (AL) il 15 settembre 1919 da una famiglia povera.

                                                                                                                                        Bartali e Coppi

 

Timido e taciturno, ex garzone di salumerie, poco più che ventenne diventa gregario di Bartali e vince il suo primo Giro d’Italia: era il 1940.  Seguiranno tantissimi successi, intervallati da incidenti e pettegolezzi sulla sua vita sentimentale.

Le sue fughe solitarie, la rivalità con Bartali, le vittorie in tutte le corse più importanti, sia a tappe che in linea, le sue straordinarie capacità di corridore completo, scalatore, cronometrista, ecc. lo resero popolare in tutto il mondo e riempirono per quasi un ventennio le pagine dei giornali.

La sua morte getta l’Italia nella costernazione più profonda.

Era stato in Africa per una battuta di caccia, al rientro inizia a sentirsi male; i medici pensano si tratti di semplice influenza, in realtà il germe della malaria, contratta in Africa durante la guerra, si era insidiato in lui ed era improvvisamente scoppiato senza che alcuno potesse prevederlo e capirlo.

A nulla servono gli sforzi dei medici dell’Ospedale di Tortona: Coppi perde conoscenza e, tra la rassegnazione generale, la vita, quella vita vissuta in modo eccellente da sportivo e turbolento da uomo.

GLI SPORTIVI PIANGONO

(da “IL MATTINO” del 3 gennaio 1960 – Articolo di Gino PALUMBO)

     C’è un ragazzo fermo, qui sotto, nel mezzo dell’Angiporto Galleria.   Avrà quindici anni, poco più.   Ha un giornale tra le mani, il giornale che dà la notizia della morte di Fausto Coppi.    Lo sguardo è velato dalle lacrime: gli occhi sono fissi sul volto del campione disteso sul letto.   Nell’Angiporto il traffico è caotico, intensissimo: è l’ora in cui escono i furgoni con le edizioni serali.   Ma il ragazzo è immobile, lì nel mezzo: i motociclisti lo sfiorano, c’è chi suona il clackson, chi urla.   A fatica qualcuno, prendendolo sotto il braccio, lo spinge fino al marciapiede.   Lui piange.   Tanti ragazzi italiani piangono.   Fausto Coppi apparteneva a loro, era il loro idolo, era l’atleta che aveva acceso la loro fantasia, era l’uomo che nell’epoca più intensa del progresso – epoca spietata, senza miti – aveva creato la leggenda dell’uomo solo che vince la tempesta e la montagna.   Intorno, i “grandi” parlano di un altro Coppi.   Il Coppi della cronaca.   Il Coppi della vita di

imagesogni giorno.   Il Coppi senza bicicletta.   Loro, i ragazzi, non capiscono: il Coppi senza bicicletta non lo conoscevano, nè l’avrebbero concepito.   I “grandi”, seppur commossi, per la sua lunga catena di sventure, frugano, con curiosità morbosa, nell’intimità della sua vita: vogliono sapere se al capezzale del campione morente le due donne che l’amarono s’incontrarono o si sfuggirono; vogliono sapere chi seguirà il feretro, se la moglie o la compagna; vogliono sapere se ha fatto testamento, a chi apparterranno i suoi milioni…    I ragazzi non sanno chi sia la ” dama bianca”, i ragazzi ignorano che Marina è figlia legittima, e Fausto invece non lo è, i ragazzi non sanno che lo sguardo del campione era triste  e spaurito, quasi presago delle sue amarezze e delle sue sfortune, i ragazzi non sanno che Coppi era un timido travolto dalle vicende della vita.   Per loro, i ragazzi, Coppi era il campionissimo, l’invitto, il più forte di tutti, l’uomo che non poteva perdere, il solo atleta al mondo capace di imporsi sui tornanti pietrosi delle montagne e sugli anelli levigati delle piste, il solo che in cinquanta anni di ciclismo aveva vinto nello stesso anno, per due volte, le due prove più massacranti, il Giro d’Italia e il Giro di Francia…   Questo è, per i ragazzi, il Coppi che è morto.   E se piangendo ne parlano, è per chiedersi se è vero che nessun altro ciclista al mondo d’ogni tempo, può stare a petto con lui, nè tra gli italiani, nè tra gliimages

stranieri; e se è vero che solo Binda aveva uno stile potente ed elegante come il suo.   E stupiscono apprendendo che il segreto della sua classe era nelle capacità miracolose dei suoi polmoni e nella conformazione del suo cuore: si chiedono quanto debba essersi logorato quel cuore se non gli riuscì di resistere all’ultimo assalto della sua ostinata sfortuna.   Questo è, per i ragazzi, il Coppi che è morto.    Il Coppi che debellò Bartali dopo lunga ed appassionante rivalità, il Coppi che a ventuno anni vinse  il suo primo Giro, il Coppi di due Tour e cinque Giri d’Italia, il Coppi campione   del mondo a Lugano, il Coppi che conquistò l’amore della Francia e dei Francesi,

terra e popolo di campioni del ciclismo, trovandosi la sua seconda Patria.    Questo è, per i ragazzi, il Coppi che è morto.   Il Coppi dell’Agerola, nel giorno in cui staccò tutti sull’ultima rampa e si gettò a corsa folle verso Gragnano, dando alla muta degli inseguitori – tutti di eccelsa classe, i Magni e gli Astrua, i Monti e i Moser – l’umiliazione di un sempre più cocente distacco.   Il Coppi che per primo al mondo, in pista, sfiorò i 46 all’ora.   Il Coppi della Sanremo, il Coppi delle estenuanti fughe in splendida solitudine  verso il trionfo sulle alte vette innevate.   Questo è, per i ragazzi, il Coppi che è morto.   Il Coppi dominatore, invincibile, l’uomo che dieci volte pareva finito e sempre risorse, l’atleta che ancora oggi, a quarant’anni, gli organizzatori si contendevano per appagare la folla, insaziabili nel’applaudirlo.    Questo è il Coppi che noi sportivi piangiamo; questo è il Coppi che l’accanirsi della sfortuna ha strappato alla vita.   Ci si chiedeva perchè corresse ancora.   Aveva quarant’anni, era ricco, ogni corsa gli costava sacrificio.   Serse, il fratello, era morto correndo.   Lui era finito in ospedale dieci volte.   Affermavano che amasse a dismisura il denaro.   Invece correva perchè solo in bicicletta si sentiva forte, solo in bicicletta poteva ancora sperare di vincere, giù dalla bicicletta lui si difendeva.   Giù dalla bicicletta c’era la vita, con le sue amarezze, con il suo turbinìo, con i suoi sconvolgimenti; giù dalla bicicletta c’era la Occhini e c’era la Marina, c’era la moglie e c’era il piccolo Fausto, c’era la carta da bollo, c’erano gli avvocati, giù dalla bicicletta c’erano i suoi errori, c’era l’uomo con le sue debolezze.   Ma in bicicletta lui era il Campionissimo; ed è ricordandolo così, in bicicletta, che gli uomini di sport ed i ragazzi oggi lo piangono.   Addio, Fausto, campione eccelso, uomo buono e timido, vittorioso nello sport, sconfitto nella vita.   Addio!

               

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pagine-di-sportRivivere attraverso i giornali dell’epoca avvenimenti sportivi che hanno particolarmente impressionato il pubblico, suscita sempre una profonda emozione.

Fatti, personaggi, commenti e quant’altro assumono a distanza di tempo un sapore che sovente non collima con il contenuto dell’articolo suggerito e pubblicato.

In ciò sta il bello della lettura…

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Viaggio tra i medium: EUSAPIA PALLADINO

Eusapia_Palladino_3                                                  Una medium “chiacchierata”

Nella metà del XIX secolo la diffusione del movimento spiritista  sfida ogni spiegazione scientifica: straordinarie manifestazioni di medium convincono sempre più schiere di studiosi circa l’esistenza di spiriti di defunti che tentano di stabilire contatti con i viventi al fine di renderli edotti della realtà di una sopravvivenza alla morte fisica e di un mondo spirituale al di là della tomba.

   Accanto a personalità di indubbio spessore morale, quali Allan Kardec, Daniel Douglas Home, le sorelle Fox,  ecc., per citare solo alcuni tra gli esponenti di spicco dello spiritismo, si fanno strada anche ciarlatani e frodatori che sono spinti da interessi esclusivamente economici e sfruttano la credulità popolare servendosi di trucchi che non sempre riescono a mascherare finendo, in tal modo, di gettare discredito su una dottrina che mostra col passare del tempo di fare una notevole opera di proselitismo.index

   Eusapia Palladino, forse, non appartiene ad alcuna di queste categorie rappresentando una via di mezzo ovvero un membro di un gruppo abbastanza nutrito di medium che, pur possedendo indubbie capacità medianiche, si serve a volte di espedienti per magnificare ed amplificare i propri poteri per far aumentare il proprio prestigio e, inevitabilmente, il proprio bilancio economico.

   Un comportamento, il suo, che nel periodo sopra considerato divide i cultori dello spiritismo tra suoi estimatori, tra cui anche importanti premi Nobel, e suoi denigratori facendo della sua persona una medium “chiacchierata” ed ancora oggi tale tendenza rimane consolidata.

   Analfabeta con poteri straordinari

   Eusapia Palladino nasce in Puglia, a Minervino Murge, il 21 gennaio 1854 da una famiglia di contadini che non riesce a darle una dignitosa educazione scolastica.

   Della sua esistenza si hanno poche notizie, tra l’altro contraddittorie e provenienti quasi esclusivamente da lei stessa.

   Secondo la sua versione la madre muore nel darla alla luce mentre il padre viene ucciso da briganti sotto i suoi occhi provocandole un trauma alla testa che potenzia i poteri della sua mente.

   Giovanissima, si reca a Napoli dove trova lavoro come bambinaia presso la famiglia Migaldi che una sera, a causa del venir meno di una persona in una seduta spiritica, la invita a sostituirla nella catena; la presenza di Eusapia sconvole letteralmente i partecipanti grazie al prodursi improvviso di fenomeni incredibili con oggetti che volano e rumori e voci strane provenienti dai punti più disparati della stanza.

   E’ la svolta! L’ex contadina povera ed analfabeta decide di intraprendere l’attività di medium a tempo pieno.

Eminenti studiosi si interessano di lei

   Ben presto studiosi ed ambienti scientifici seguono con contrastanti giudizi le performances della medium che anima le sedute spiritiche facendo volare tavoli e sedie, apparire luci misteriose, sentire voci dal nulla.

   Lo scienziato Cesare Lombroso nel 1909 pubblica il libro:” Ricerche sui fenomeni ipnotici e spiritici “ nel quale racconta, tra l’altro, come in una seduta alla quale ha partecipato la Palladino nel buio della stanza si è sollevata da terra tra lo stupore generale.

   Forte del clamore suscitato dai suoi esperimenti, la medium ha occasione di viaggiare molto, sollecitata dalle numerose richieste e dovunque fa sfoggio delle sue capacità.

   A Varsavia, in due occasioni, nel 1894 e nel 1898, tiene delle sedute alla presenza dello psicologo Julian Ochorowicz che, entusiasta, la presenta al giornalista e scrittore Boleslaw Prus che scrive di lei sulla stampa con toni positivi.

   Nel 1905 è a Parigi dove i Premi Nobel Pierre e Marie Curie ed i futuri Premi Nobel Charles Richet e Jean Perrin, oltre ad altri ferventi spiritisti, restano favorevolmente impressionati dai fenomeni che avvengono nelle sedute.

   “…tavoli sollevati da terra con tutte e quattro le gambe, movimenti di oggetti a distanza, mani che ti pizzicano o accarezzano, apparizioni luminose. Il tutto in un luogo preparato da noi, con pochi spettatori e tutti amici fidati, senza la possibilità della presenza di un complice…”, sono le testuali parole che in una lettera del 24 luglio 1905 scrive Pierre Curie al suo amico scienziato Louis Georges Gouy.

  I detrattori della medium

   Ma non mancano, comunque, i detrattori che la considerano un fenomeno da baraccone.

   E’ il caso di Eugenio Torelli Voilleir che in una serie di articoli denuncia l’uso di trucchi per ingannare i presenti; il prestigio della Palladino si incrina fino a vacillare del tutto quando un docente universitario di Harvard, il professore Musterberg, la smaschera clamorosamente mentre con un piede la medium muove il tavolino.

   Poco dopo, un illusionista americano di fama mondiale, Howard Thurston, riabilita la Palladino affermando pubblicamente:”…Insisto che quella donna mi mostrò una reale levitazione, ottenuta non tramite un trucco bensì attraverso una forza sconcertante, intangibile, invisibile che si irradiava dal suo corpo e sulla quale essa esercitava temporaneamente un controllo assoluto e spossante…”.

   Nel 1908 Eusapia Palladino lascia l’America per far ritorno a Napoli dove un comitato di tre studiosi conducono ricerche sui suoi poteri medianici concludendo il loro incarico con un giudizio positivo su di lei.

Il declino e la morte

   Due anni dopo, però, uno dei membri del citato comitato, l’onorevole Everard Fielding, torna a Napoli accompagnato da un noto prestigiatore, Williams S. Marriott, che scopre i trucchi della Palladino gettando nuovamente molte ombre sul suo operato.

   Dopo queste alterne fortune, la medium decide di abbandonare la sua attività e di aprire un negozio a Napoli dove si spegne, dimenticata da tutti, il 16 maggio 1918.

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Allan Kardec e la nascita dello Spiritismo- Parte 6^

Una straordinaria personalità

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La tomba di Kardec.

Dopo il successo ottenuto con “Il Libro degli Spiriti”, Kardec decide di lanciare una “Rivista Spiritica” (1858) e fonda la “Società Parigina degli Studi Spiritisti”.

E’ interessante notare come il pedagogo, il filosofo, il religioso Kardec si distingua anche nelle questioni scientifiche anticipando teorie oggi universalmente riconosciute: nelle opere successive “Cos’è lo Spiritismo” (1859), “Il Libro dei Medium” (1861), “Il Vangelo secondo gli Spiriti” (1864), “Il Cielo e l’Inferno” (1865) e “La Genesi” (1868), pone le basi scientifiche della sua teoria filosofica rivelandosi precursore della moderna parapsicologia ed aprendo nuovi orizzonti alla scienza.

Diversi fenomeni negati dal materialismo trovano nello spiritismo la loro ragion d’essere: telepatìa (che lui chiama “telegrafia spirituale”), chiaroveggenza, bilocazione, apparizioni, ecc. che, tra l’altro, a suo avviso poggiano su leggi naturali e non sul soprannaturale e sul miracoloso; in tal modo, distrugge la fonte della maggior parte delle credenze popolari e delle superstizioni.

In un’epoca in cui illustri personaggi sfoderano le loro armi culturali contro l’evoluzionismo, Kardec già tre anni prima de “La Discendenza dell’Uomo” di Charles Darwin (1871) insegna l’origine animale dell’uomo.

Una mente brillante, quindi, ed eclettica, che finisce fisicamente a Parigi il 31 marzo 1869 in seguito alla rottura di un aneurisma.

I suoi amici nel 1890 raccoglieranno testi inediti ed annotazioni di Kardec pubblicandoli nelle “Opere Postume” con l’intento di suscitare “…un migliore apprezzamento dell’insieme della sua opera ed (incitare) numerosi lettori ad approfondire lo studio del pensiero del grande precursore…”.

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Allan Kardec e la nascita dello Spiritismo- Parte 5^

I cardini della Dottrina

I fatti ovvero le migliaia di manifestazioni spiritiche passate al setaccio da Kardec gli forniscono un’indicazione precisa degli elementi fondamentali della sua filosofia spiritica:

-Dio, Creatore dell’Universo, ha dettato la supremazia dell’Uomo sugli altri esseri animati ed inanimati prevedendo l’incarnazione degli Spiriti giunti ad un certo grado di sviluppo;

– l’Uomo è composto di un corpo materiale, di un’anima immateriale e del perispirito, sostanza intermedia che dopo la morte rimane come corpo etereo e può rendersi visibile e tangibile in date circostanze, come accade nei fenomeni di apparizione;

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Il Perispirito

– gli Spiriti sono classificati in varie categorie in base al loro livello di purezza e di amore per il bene e sono relegati in mondi diversi a seconda del loro comportamento nelle varie esistenze terrene.  A tale riguardo, è singolare notare come Kardec ritiene il pianeta Terra un mondo inferiore nel quale gli Spiriti sono provvisoriamente assegnati per espiare colpe commesse in vite precedenti o sostenere prove importanti o ancora per compiere missioni a loro affidate.   Essi possono solo migliorare e mai regredire passando più volte da una vita materiale all’altra fino a raggiungere la perfezione; dopo la morte fisica, l’anima lascia il corpo ed erra per un tempo più o meno lungo che può anche durare secoli per poi reincarnarsi nuovamente.   Lo spirito errante è dappertutto, non ha una sede fissa, può starci accanto, seguirci, consigliarci e agire sulla materia e sul pensiero.   Esso interagisce con l’uomo in maniera continua, spingendoci al bene se è uno spirito buono o al male se è uno spirito cattivo, comunicando in modo occulto attraverso la “vocina interiore” o in modo palese attraverso la scrittura, la parola o altre manifestazioni materiali e il più delle volte si serve di medium come strumenti di comunicazione.

Nella seconda parte del libro, l’Autore raccoglie un migliaio di testimonianze medianiche che forniscono una lucida ed esauriente risposta a tutti gli interrogativi che si pone l’uomo e che trovano razionale soluzione solo nello Spiritismo.

  Reincarnazione, emancipazione dell’anima, leggi morali, dolori e gioie d’oltretomba, intervento degli spiriti, sono solo alcuni dei tanti concetti semplici e soddisfacenti nell’esposizione fatta da Kardec per ordine e sotto dettatura di spiriti superiori e coinvolgono il lettore in una frenetica ed appassionante riflessione.

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Allan Kardec e la nascita dello Spiritismo- Parte 4^

Il Libro degli Spiriti

L’attività di ricerca, raccolta, sperimentazione, ed i costanti contatti con numerosi medium lo convincono dell’esistenza di una nuova dimensione composta dalle anime dei defunti.

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L’opera più importante di Kardec “Il Libro degli Spiriti”, pubblicata nel 1857.

E, sollecitato da queste ultime, decide di pubblicare nel 1857 “Il Libro degli Spiriti”, il risultato della classificazione di tutte le categorie dei fenomeni paranormali.     L’opera ottiene subito uno strepitoso successo ed è a questo punto che il professore Lèon Denizard Rivail, che intende rimanere sconosciuto e non mettersi in evidenza, adotta lo pseudonimo celtico di Allan Kardec.

Nell’introduzione allo studio della sua dottrina, Kardec chiarisce subito la differenza tra Spiritualismo e Spiritismo: il primo è l’opposto del Materialismo, il secondo è il rapporto fra gli uomini e gli spiriti.

Un altro decisivo chiarimento lo apporta al concetto di anima la cui definizione, a seconda del significato che le si attribuisce, spiega la distinzione fra Materialismo, Panteismo e Spiritualismo.

Per i materialisti l’anima è il principio della vita materiale organica: essa non esiste indipendentemente dalla materia e finisce con la morte fisica del corpo.

Secondo al visione panteistica, invece, l’anima continua ad esistere dopo la morte ma perde la propria individualità e la propria coscienza dissolvendosi nell’anima universale, cioè in Dio.

Gli spiritualisti considerano l’anima un’entità incorporea, distinta dalla materia, che conserva intatta la coscienza di se stessa anche dopo la fine della vita terrena.

Questa interpretazione spiega i tanti misteri insoluti della scienza cui Kardec rimprovera la scarsa o difettosa osservazione dei fatti: “…Le scienze comuni – dice – si basano sulle proprietà della materia, che si può sperimentare e manipolare a piacimento; i fenomeni spiritici, invece, si fondano sull’azione di intelligenze che hanno la volontà propria e che non dipendono dai nostri capricci…”.

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Allan Kardec e la nascita dello Spiritismo- Parte 3^

L’interesse per lo Spiritismo

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Allan Kardec

E’ dopo i 50 anni che Kardec inizia a mostrare interesse per i fenomeni medianici, pur disponendo già di una buona conoscenza del magnetismo e del sonnambulismo. L’occasione gli è offerta dalla diffusione di notizie riguardanti le cosiddette “tavole semoventi” che attirano la sua attenzione: in America appassionati di occultismo durante le loro sedute assistono a fenomeni strani con oggetti che si muovono e rumori che si propagano con colpi provenienti da forze misteriose.

Gli esperimenti si ripetono un pò dovunque ed anche in Europa destano molta incredulità.

Kardec, appositamente invitato, inizia a partecipare alle sedute, senza pregiudizi ma con molta circospezione e con l’intento di approfondire quella che gli appare quasi la rivelazione di una nuova legge.

Più tardi, alcuni sperimentatori gli chiedono di ordinare sistematicamente una serie di comunicazioni spiritiche; dopo un primo rifiuto, decide di accettare l’incarico grazie all’influenza di un messaggio personale medianico che gli assicura l’assistenza del “mondo invisibile”.

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AMADO NERVO, poeta messicano

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Mi sono imbattuto per caso nei versi di questo poeta, molto dolci e suggestivi oltrechè semplici, scoprendo che Evita Peròn aveva sostenuto un provino da attrice recitando una sua poesia.

Amado Nervo, pseudonimo di Juan Crisòstomo Ruiz de Nervo y Ordaz, nacque a Tepic, in Messico. il 27 agosto 1870.

Orfano di padre già dall’età di 8 anni, ebbe un’infanzia caratterizzata da ristrettezze economiche  che lo costrinsero, in età adolescenziale, ad abbandonare gli studi di Diritto che aveva intrapreso lontano dalla città natale.

Iniziò la carriera letteraria collaborando con alcuni periodici e stringendo amicizia con grandi esponenti della poesia tardo romantica e modernista messicana.

Le sue prime raccolte poetiche “Perlas Negras” (1896) e  “Mistica” (1898) gli valsero molti apprezzamenti dal pubblico e dalla critica.

Nel 1905 iniziò la carriera diplomatica con la nomina di Secondo Segretario della Delegazione del Messico in Spagna; l’anno dopo fu elevato a Primo Segretario, pur senza mai rinunciare all’attività letteraria e giornalistica.

Morì il 24 maggio 1919, all’età di 48 anni, quando era ancora all’apice della sua fama e della sua carriera.

Tra le sue poesie, ho scelto “In pace” :

     Molto vicino al tramonto io ti benedico, Vita

Perchè mai mi desti false speranze

nè lavori ingiusti, nè pene immeritate.

Poichè vedo alla fine del mio arduo cammino

che io fui l’architetto del proprio mio destino

che se estrassi il miele o la bile dalle cose

fu perchè in esse io misi bile o saporito miele

quando piantai roseti, raccolsi sempre rose.

…E’ certo, alle mie fioriture seguirà l’inverno

ma tu mai mi dicesti che maggio fosse eterno

furono senza alcun dubbio lunghe le notti

accompagnate dalle mie pene

ma tu mai mi promettesti solo notti buone

a cambio ne ebbi alcune serenamente sante…

Amai, fui amato, il sole accarezzò il mio volto.

Vita nulla mi devi, Vita siamo in pace!

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Allan Kardec e la nascita dello Spiritismo- Parte 2^

L’influenza di Pestalozzi

Allan Kardec, il cui vero nome è Hippolyte Lèon Denizard Rivail, nasce a Lione il 3 ottobre 1804.

Fin da ragazzo predilige le scienze e la filosofia ma il clima dell’epoca è ostile alla crescita dello spirito critico: l’Impero brucia sulle pubbliche piazze i libri di Voltaire e Rousseau e Kardec, grazie all’agiatezza della sua famiglia, va a studiare in Svizzera, a Yverdon, alla scuola del grande pedagogo Enrico Pestalozzi, del quale diviene collaboratore.

Il grande pedagogo Enrico Pestalozzi del quale Kardec diviene collaboratore.
Il grande pedagogo Enrico Pestalozzi del quale Kardec diviene collaboratore.

Sotto l’insegnamento di Pestalozzi acquisisce una solida formazione morale e scientifica che gli serve per fondare a Parigi, al suo rientro, un Istituto Tecnico basato sui suoi princìpi educativi.

E’ un periodo positivo per lui: conosce già diverse lingue, si laurea in Medicina, pubblica diverse opere sulla scia del metodo pestalozziano: Proposta di piano per il miglioramento della pubblica istruzione” (1828), “Corso pratico e teorico dell’aritmetica” (1829), “Grammatica francese classica” (1831).

Sempre nel 1831 ottiene una laurea all’Accademia Real di Arràs per uno studio sul tema:Qual’è il sistema di studi più consono ai bisogni dell’epoca?”.

Nel quinquennio che va dal 1835 al 1840 tiene nella propria casa in Rue de Sèvres corsi gratuiti di fisica, chimica, astronomia ed anatomia comparata.

Nel 1848 pubblica il “Catechismo grammaticale della lingua francese”.

L’anno successivo presso il Liceo Polimatico di Parigi dà lezioni di fisiologia, astronomia, chimica e fisica.

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Allan Kardec e la nascita dello Spiritismo – parte 1^

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Allan Kardec

Scientismo e Spiritualismo

Se è vero che lo scientismo ovvero quella corrente di pensiero in base alla quale tutto può essere spiegato e conosciuto solo ed esclusivamente attraverso la scienza, costituisce uno dei perni del progresso dell’umanità, è anche vero che esiste un mondo per il quale lo scientismo entra in crisi in virtù dei limiti attuali della mente umana: è il mondo dell’invisibile, dell’ignoto, del mistero che oltre a disporre di un incredibile fascino mette in moto interessi culturali, filosofici e religiosi che solo delle menti aperte sono in grado di capire ed intenderne l’importanza.

L’approccio verso queste tematiche, infatti, è quasi sempre superficiale e le speculazioni scientiste rivelano spesso una preoccupante aridità spirituale che non aiuta la conoscenza e, quel che è peggio, alimenta il degrado morale.

Uno degli aspetti peculiari di questo mondo è lo spiritismo, del quale Allan Kardec è considerato, a ragione, il fondatore: a lui, infatti, va il grosso merito di aver elaborato una vera e propria Dottrina Spiritica attraverso argomentazioni lucide e logiche, frutto non solo dell’approfondimento delle più disparate concezioni di studiosi che si sono cimentati con il fenomeno nel corso dei secoli ma anche delle migliaia di esperienze medianiche rivelatrici di misteri ed ispiratrici delle sue opere fondamentali.