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Arte

TOP SANNIO – QUANTO CI MANCA LA ” BENEVENTANITA’ ” DI ANTONIO SORGENTE ! – Il compianto “don Saverio” avrebbe punzecchiato a dovere i nostri amministratori –

Ci sarebbe stata parecchia materia prima, tale da offrire ad Antonio Sorgente gli spunti necessari alla sua proverbiale ironica comicita’ sui personaggi piu’ in vista di Benevento.
Forse l’avvento di Internet col suo distacco dal contatto fisico avrebbe condizionato la sua verve, abituato com’era ad una gestualita’ e ad una ‘parlata’ che arrivava direttamente nella coscienza dei beneventani.
Ma siamo sicuri che la sua genialita’ avrebbe sopperito senz’altro all’incomunicabilita’ del web.
Piu’ che attraverso i suoi scritti, Antonio Sorgente si faceva apprezzare dalle sequenze di una emittente televisiva locale quale mirabile conduttore, unitamente al dott. La Polla, sua spalla ideale, di una fortunata trasmissione imperniata sulla satira politica dove i suoi bersagli preferiti erano gli amministratori comunali.
In un dialetto molto originale e colorito e spacciandosi per “don Saverio”, personaggio da lui creato, popolano e bidello di scuola, si trasformava in maestro di vita lanciando i suoi strali, pungenti ma mai offensivi e volgari, nei confronti dei concittadini piu’ illustri.
Nelle sue performances metteva in evidenza la nostalgia per la Benevento di un’epoca diversa, con la sua vita semplice, i suoi personaggi mitici per la loro umilta’ e spiritosaggine, i suoi vicoli caratteristici, tutti ingredienti efficacissimi per ottenere un vastissimo consenso popolare.
Sorgente era profondamente innamorato della sua Citta’ e soffriva per il degrado nel quale versava per colpa dell’inefficienza dei suoi amministratori.
Amante del teatro, dipingeva e scriveva poesie in vernacolo. A tale ultimo riguardo, proponiamo una simpatica lirica tratta da un suo libro edito nel 1981 (“Don Saverio racconta…”) dal titolo “Poesia di votazione” :
“Nelle liste del candidato
una novita’ c’e’ stato…
i partiti mo’ di botto
si hanno fatto patriotto
in ogni lista hanno piazzato
quattro, cinque o sei soldato
la nostra patria hanno onorata
con quest’aldra lora penzata??
o puramento, com’io sospetto
non avevano a chi ci metto??
le lezioni comunale
sono troppo originale
se il fratello, il cogino, il cognato
in tante liste mo’ stanno inzippato
elettore non sai che fare?
e il tuo voto a chi devi dare?
per non sentiro lamento e lagna
quel giorno te ne vai in campagna
te ne fotti di loro, di ognuno
il tuo voto non lo dai a nessuno
…Che come si vota e come si gira
sempre l’istesso e’ il vento che tira”.

Antonio Sorgente nacque a Benevento l’11 maggio 1930. Dopo la laurea in Lingue conseguita presso l’Istituto Orientale dell’Universita’ di Napoli, fu docente di francese negli istituti superiori.
Tra le sue opere ricordiamo:  “Don Saverio racconta” (1981), ” Versi sfiziosi “ (1995), La storia di Benevento” (1999), in vernacolo, “Versi spassosi” (2008).
Mori’ a Benevento il 17 gennaio 2019

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Cronaca

TOP SANNIO – IL SACRIFICIO DI CLEMENTINA PERONE – La giovane maestra di Bonea perse la vita per salvare i suoi alunni –

Due agosto 1968. Avrebbe dovuto essere una giornata di festa per una scolaresca di Bonea in viaggio verso il mare. Diventa una tragedia.
Giunti a Paduli, il pullmann con a bordo tanti bambini prende fuoco costringendo il conducente a fermarsi.
E’ il panico totale tra fiamme, fumo e tanto calore all’interno del mezzo.
La maestrina, Clementina Perone, appena ventenne, non si perde, pero’, d’animo e salendo e scendendo ripetutamente dalla corriera mette in salvo i bambini.
All’appello manca, tuttavia, una bambina che, evidentemente spaventata, non si e’ mossa dal suo posto ed allora la giovane educatrice non ci pensa due volte, risale sul veicolo ormai avvolto dalle fiamme e si dirige verso la scolaretta.
Il suo atto di coraggio, purtroppo, risulta vano perche’ Clementina Perone non riesce nell’intento e viene divorata dall’incendio unitamente alla bambina.
E’ stata una vera eroina, diversa dai semidei della mitologia classica,  senza poteri straordinari ma con un cuore ed un coraggio da vendere, pronta a sacrificare la propria vita per quella di creature innocenti.

Clementina Perone nacque a Bonea (BN) il 6 aprile 1948.
Nel 2009 l’Amministrazione comunale di Bonea le dedico’ un busto marmoreo.
Per l’eroico gesto fu insignita della Medaglia d’oro al valor civile.
Nel suo paese natale una piazza e’ intitolata al suo nome nonche’ diverse scuole a Roma, S.Martino Valle Caudina, in provincia di Milano ed in provincia di Bari.

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Arte

TOP SANNIO – Antonio Del Donno, tra i 100 artisti piu’ importanti al mondo – Un suo dipinto “L’interno della Chiesa di Santa Sofia di Benevento” commentato da Salvatore Basile –

L’emittente televisiva “Rai3”, nel corso di uno speciale durante la trasmissione “Mezzogiorno Italia” del 5 maggio 2018 ed. nazionale, lo defini’ tra i 100 artisti piu’ importanti al mondo: Antonio Del Donno, pittore e scultore, nelle sue opere era solito accompagnare con oggetti la sua pittura gestuale ironizzando sulla pubblicita’ e criticando il consumismo e la banalita’ che spesso la permeava.
Influenzato da artisti di fama mondiale, tra cui Andy Warhol, Schifano, Rauschemberg ed altri, i suoi quadri sono esposti in molti musei di citta’ italiane e straniere e su di lui hanno scritto molti importanti artisti.
Amico di Mimmo Paladino, col quale spesso frequentava, nel decennio 1960-70, la galleria di Lucio Amelio a Napoli, ebbe dovunque attestazioni di stima per la sua arte, onore e vanto della citta’ di Benevento.
In un articolo, pubblicato sul n. 4 del periodico “Samnium” dell’ottobre-dicembre 2000, fondato da Alfredo Zazo, cosi’ si espresse l’allora Direttore responsabile Salvatore Basile in ordine ad un suo dipinto:
Antonio Del Donno, reduce dalla mostra ‘Opere Rivisitate – Opere Recenti’, organizzata dalla Galleria d’Arte Vinciguerra di Bellona, Caserta, e dal Direttore del Museo Campano di Capua, don Giuseppe Centore nella prestigiosa Sala dei Mosaici del glorioso Museo (ed ivi tenuta dal 109 al 31 dicembre  2000), ripropone una serie di immagini tra cui l’interno della chiesa di Santa Sofia di Benevento. Doppiamente suggestivo sia per l’incantamento dell’opera architettonica originale in se’, sia per l’incantesimo del segno artistico di Antonio, desta l’attenzione dei riguardanti catturandone l’ammirazione. Il disegno in questione e’ un’acquaforte (70×50) su foglio (300×240) dove le curvilinee degli archi e le linee rette dei pilastri si evidenziano sbocciando nella dissolvenza dell’interno del tempio caro ai beneventani, caro al pittore che nello stile dell’incisione riapre l’archivio della sua poetica ripescandone alla luce del tempo contemporaneo la memoria, mai sopita, della sua arte anni Sessanta. Estraneo alla mostra di Capua, il manufatto ne condivide il momento storico figurativo e artistico delle vedute e degli interni di monumenti del passato rivissuti attraverso lo stile ed il gusto della linea, onnipresente sia nell’opera grafica che nella pittura di pensiero piu’ attuale e sempre piu’ meditativo del pittore…”.

Antonio De Donno nacque a Benevento il 27 novembre 1927. Dopo aver frequentato l’Istituto Tecnico per Geometri di Benevento (1945-50) si trasferi’ a Napoli frequentando il Liceo Artistico e l’Accademia delle Belle Arti.
Insegno’ Educazione Artistica presso la Scuola Media “G. Vitelli” di Benevento.
Tenne la sua prima mostra personale nel 1962 presso la Pinacoteca Provinciale di Benevento.
La sua popolarita’ crebbe progressivamente in virtu’ della sua grande personalita’ artistica, accompagnata da una pari disponibilita’ umana.
Nel novembre 2017 i comuni di Benevento e Santa Croce del Sannio, in occasione del suo 90′ compleanno, gli dedicarono tre giorni di mostre, convegni ed incontri.
Le sue opere sono conservate in numerose collezioni private del Sannio oltre che in Musei italiani ed esteri.
Mori’ a Benevento il 19 novembre 2020.

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Scienza

LE BUGIE DEL “RAPPORTO CONDON” SUGLI UFO – Nel 1966 un gruppo di scienziati nego’ l’esistenza degli “oggetti volanti non identificati” in palese contraddizione con l’evidenza delle indagini –

Nel 1966 l’Aeronautica Militare degli Stati Uniti, di fronte al proliferare del “fenomeno Ufo”, diede incarico ad una Commissione di scienziati dell’Universita’ di Boulder nel Colorado, diretta dal fisico Condon, di effettuare indagini approfondite in ordine all’esistenza di tali oggetti.
Dopo circa due anni la citata commissione pubblico’ il documento, denominato “Rapporto Condon”,
che riporto’ la seguente conclusione:
“Noi riteniamo per certo che nessuna civilta’ intelligente esterna al nostro sistema solare ha possibilita’ di visitare la Terra entro i prossimi 10.000 anni..”.
A prescindere dalla circostanza che il rapporto in questione non spiego’ i motivi che indussero la commissione a formulare quei calcoli, il sospetto fu che il gruppo di scienziati avesse confezionato quelle conclusioni prima ancora di iniziare la propria indagine.
Infatti, i casi esaminati dagli accademici dell’Universita’ del Colorado furono in tutto 59 e di questi ben 23, cioe’ il 40% circa, furono elencati nell’indice analitico del Rapporto come “inesplicati”.
La contradditorieta’ delle verifiche effettuate con le conclusioni pubblicate e’ palese!
Evidentemente, l’obiettivo della Commissione fu quello di “…convincere l’opinione pubblica dell’inconsistenza del “fenomeno Ufo” e dissuadere il mondo scientifico dall’interessarsene…”
(da ‘Il Giornale dei Misteri’ n. 275 del settembre 1994).
Del gruppo dei 23 casi ammessi ufficialmente inesplicati, alcuni sono davvero chiari:
“A certi racconti del passato, come l’incidente del 1966 a Beverly, Massachusetts, non si adatta nessun’altra spiegazione che quella della presenza di un veicolo alieno se la relazione dei testimoni viene presa alla lettera” (pagg. 72-73).
“Nessuna spiegazione e’ proponibile per render ragione dell’incontro ravvicinato con un ufo da parte di tre donne e una ragazzina” (pag. 270).
“La fonte (di una luce pulsante che cambiava colore e illuminava la zona) resta non identificata”
(pag. 61).

Nel Rapporto furono definite inesplicate anche tre osservazioni di astronauti americani impegnati nel corso delle missioni Gemini IV (4 giugno 1965) e Gemini VII (4 dicembre 1965).
Insomma, il progetto non fu realizzato in maniera obiettiva perche’ le conclusioni generali si rivelarono in forte contraddizione con le conclusioni particolari contenute nel Rapporto.
                                                             Il fisico Edward U. Condon

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Letteratura Universale

TOP SANNIO – Lorenzo Vessichelli, autore sottovalutato ed emarginato – Nei suoi versi espresse il malessere dell’uomo nella societa’ dell’apparire –

Da qualche settimana, con piu’ frequenza che nel passato, la televisione ci bombarda con la divulgazione di fatti di cronaca che evidenziano la recrudescenza di comportamenti umani caratterizzati da violenze, sopraffazioni, atteggiamenti incontrollabili al limite della follia.
Qualcuno spiega trattarsi di conseguenze nevrotiche dovute agli effetti del “covid”.
Il mezzo televisivo, con la sua potenza comunicativa, e’ sicuramente uno strumento rilevante di “disturbo” delle menti e spesso i suoi segnali influiscono sulla psiche delle persone fragili.
Ma non e’ solo questo: eventi di tal fatta sono sempre esistiti e chissa’ quanti innumerevoli episodi in ogni parte del mondo tuttoggi potrebbero essere additati ad esempio della crudelta’ dell’essere umano della quale non siamo pienamente consapevoli ma che a volte riaffiora, con minore o maggiore intensita’ e/o livello, in particolari occasioni.
La televisione ed i mass media in generale, tra cui internet, amplificano e diffondono su larghissima scala episodi un tempo sconosciuti ai piu’ ma che comunque accadevano in passato anche se con sfaccettature diverse e con mezzi forse piu’ rudimentali e meno sofisticati rispetto a quelli attuali.
L’ultimo avvenimento inquietante in ordine cronologico e’ quello riguardante l’investimento di una famiglia di Favaro Veneto, in provincia di Venezia, da parte di una automobilista tedesca di 32 anni
che al volante della sua auto ha travolto ed ucciso tre persone, tra cui un bimbo di due anni, in localita’ Santo Stefano di Cadore.
Dalle ultime indagini finora esperite sembra che un testimone oculare abbia visto la donna tedesca “..litigare furiosamente con una persona, salire in macchina e ripartire sgommando pochi attimi prima del tragico epilogo…”.
Insomma, si profila l’ipotesi di un investimento deliberato, conseguenza di una rabbia incontrollata.
Abbiamo preso spunto da questo accadimento nel mentre eravamo intenti a sfogliare le pagine di alcune opere di Lorenzo (Loris) Vessichelli, docente, poeta, giornalista e cultore di musica classica, scomparso nel 2017.
In una lirica composta il 7 novembre 1982 ( il Poeta era solito aggiungere alcune postille, a pie’ pagina, indicanti non solo le date dei componimenti ma finanche luoghi, orari,momenti, ecc.) e contenuta nel libro “Interludio d’un pupazzo di fango”, dal titolo “Senso tragico”, Vessichelli afferma, tra l’altro:
“…Io con gli altri, l’amorfo, l’handycappato,
il depresso, lo psicotico, i travestiti,
i ladri, i politici, i plutocrati, i terroristi, i mafiosi,
gli indifferenti o i miseri squattrinati
o drogati, tutti in questa strettoia
nera di velluto  a spirale come bolgia…”.
Questi pochi versi racchiudono gran parte del pensiero di Vessichelli, un Poeta sottovalutato dagli ambienti colti beneventani forse perche’ umile, schivo, semplice e lontano dallo stereotipo di intellettuale ed artista distaccato dal mondo reale, una caratteristica, quest’ultima, capace di incutere
una sorta di timore reverenziale ritenuta, a torto,  indispensabile per l’ingresso nelle “alte sfere” della stima  dei potenti di turno.
Lorenzo Vessichelli, invece, era un intellettuale alla portata di tutti, sempre disponibile al dialogo ed al confronto col sorriso sulle labbra, sia pur afflitto nell’animo da una visione tragica della vita ( che manifestava solo attraverso i suoi versi, intrisi di una drammaticita’ esistenziale) che la sua quotidianita’ non lasciava affatto trasparire.
Nella poesia “Senso tragico” precisa cio’ che aveva gia’ espresso precedentemente con “Cellule” (…”scritta di getto il 23 ottobre 1982″):
“…Confesso che non potrei arrestare
ore inesistenti, non vivrei
disarticolato dallo stress divino:
sarei soltanto un pupazzo di fango
forato da picchi
tra tronchi di cellule inutili”.
Lui non vuole essere accomunato alla moltitudine di “pupazzi di fango” perche’, a differenza di tanti altri, non vive “disarticolato dallo stress divino”.
E a questo punto l’abituale prefatrice delle sue opere, Giuseppina Bartolini Luongo, descrive mirabilmente la profonda religiosita’ della poetica del Nostro nella Presentazione del volume ” Aurea
Melopea lungo le sponde d’Iseo”
:
…La visione tragica della vita, le lacerazioni profonde, il dissidio interiore, il rapporto conflittuale con la societa’ e, in quest’ambito, il contrasto e il dissenso uomo-natura, uomo-cultura, la religiosita’ connessa intrinsecamente, alla stessa visione di cui parliamo sono, in lui, motivazioni di ordine etico, prima che estetico…”.
“…Una pietra, una piccola pianta, una lucertola nel verde, tra l’erba e gli alberi della riviera, tutto, e’ motivo di stupore per lui, di meraviglia, di accettazione umile, assertiva, del creato e delle creature…”.
Ed e’ proprio la fede che lo aiuta a sopportare il suo travaglio ed alla quale si appiglia nei tanti momenti di malinconia e di solitudine:
Cristo/ti prego/non m’abbandonare/ nell’angoscia/ di Bene…in questa ricerca di me stesso/ confuso in Te/ tra gli ulivi/ del Getsemani” (“Cristo” in “Arsure nel profondo”).

Lorenzo Vessichelli (1937-2017), nativo di Benevento, e’ stata una personalita’ eclettica.
Uomo di cultura, docente, poeta, giornalista, cultore della musica classica e del teatro.
Ha pubblicato numerose raccolte di poesie, tra cui : Accordi atonali, Arsure nel profondo (1991), Interludio d’un pupazzo di fango (1992), Aurea Melopea lungo le sponde d’Iseo (1994), Come l’araba fenice (1996).
Come pubblicista ha scritto articoli su “Scena illustrata”, “Alla bottega”, “L’Aereopago” ed ha collaborato per diversi anni al “Mattino” ed al “Messaggio d’oggi”.
E’ stato Presidente del Premio Nazionale Biennale di Poesia “Citta’ di Solofra” dal 1976 al 2002 e spesso e’ stato membro di giurie in campo letterario.
All’indomani della sua morte, avvenuta nella notte tra il 9 ed il 10 ottobre 2017 all’Ospedale “Fatebenefratelli” di Benevento per un male incurabile, la sua casa popolare, lasciatagli dai genitori, sita in Benevento alla via Salerno n. 1, fu occupata abusivamente.

 

 

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Storia

TOP SANNIO – MANFREDI FU SEPPELLITO PRESSO IL PONTE VALENTINO – Lo sostenne Alfredo Zazo in un convegno pubblico del 1966 –

Come gia’ riferito in un recente articolo su questo blog dal titolo “Sulle orme di Manfredi di Svevia”, sul luogo di sepoltura del principe svevo ancora oggi, nonostante i numerosi studi condotti da storici ed esperti, regna l’incertezza piu’ assoluta.
Nel citato articolo abbiamo riportato l’opinione della compianta dottoressa Serafina Pascarella secondo la quale Manfredi di Svevia fu seppellito presso il ponte Fratto in contrada Pantano.
In un convegno tenutosi a Benevento il 9 dicembre 1966, nell’ambito dell’attivita’ culturale che il Museo del Sannio, la Biblioteca  e l’Archivio Storico Provinciali di Benevento promossero “… in adesione alle piu’ vive esigenze attuali…”, Alfredo Zazo commemoro’ la figura di Manfredi in occasione del settimo centenario della Battaglia di Benevento nella quale il giovane guerriero svevo trovo’ la morte.
Il prof. Zazo, tra l’altro studioso della storia di Benevento e del Sannio, nel corso della sua relazione illustro’ la situazione che precedette l’importante evento che segno’ la fine dell’epoca sveva nel sud dell’Italia e l’inizio della dominazione angioina.
Alla fine del suo intervento, confutando le teorie dei suoi illustri predecessori, espresse il suo parere circa il luogo di sepoltura di Manfredi avvenuta, a suo avviso, temporaneamente sullo stesso campo della vittoria angioina, vicino ai ruderi di una chiesa (“chiesa ruinosa”) ubicata presso il ponte Valentino.
La fonte citata dall’autorevole professore fu quella di un cronista di parte guelfa che menziono’ l’esistenza di una chiesa situata in contrada “ad Salices” e chiamata Chiesa di S.Maria de Saglieta, ancora “…in piedi ed officiata sul cadere del 1500 e che si ignora se e quando fu costruita in co’ di un ponte…”. 
Ecco come si espresse Alfredo Zazo al termine della sua conferenza:
“…Concludendo, la battaglia di Benevento si svolse dalla contrada di S.Marco sino ed oltre il ponte Valentino, in contrada ‘ad Salices’, dove si ebbe, pertanto, la sola sua estrema fase e Manfredi ebbe la sua breve sepoltura presso quel ponte e accanto ad una chiesa in rovina, sorta – si badi – in uno scomparso casale che fin dal secolo IX da quella chiesa aveva avuto il nome…”.

Alfredo Zazo nacque a Benevento il 24 febbraio 1888. Dopo aver conseguito due lauree, in Lettere (1918) e Filosofia (1922), si trasferi’ a Benevento nel 1923 per insegnare al Ginnasio Liceo e si distinse particolarmente per il suo impegno nella difesa del patrimonio archeologico, artistico e librario di Benevento.
Nel 1928 fondo’ la rivista di storia locale “Samnium” , indi diresse l’Archivio Storico della Provincia di Benevento.
Esponente del Partito Nazionale Monarchico, tra il 1934 ed il 1938 fu commissario prefettizio di Benevento nonche’ sindaco nel 1952 per soli sei mesi.
Numerose furono le sue opere su Benevento e  provincia.
Mori’ a Salerno il 10 gennaio 1987.
                                                             Alfredo Zazo

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Storia

TOP SANNIO – SULLE ORME DI MANFREDI DI SVEVIA – Dove fu sepolto il biondo principe svevo, mirabilmente immortalato da Dante ? Serafina Pascarella propose agli storici un suo studio –

“Se il pastor di Cosenza che alla caccia
di me fu messo per Clemente allora,
avesse in Dio  ben letta questa faccia,
l’ossa del corpo mio sariano ancora
in co’ del ponte presso Benevento
sotto la guardia della grave mora.
Or la bagna la pioggia e muove il vento
di fuor del Regno, quasi lungo il Verde,
dov’e’ le tramuto’ a lume spento”.
Con questi versi sublimi Dante Alighieri rievoca la figura di Manfredi di Svevia nel canto III del Purgatorio della Divina Commedia.
Il principe svevo, circondato da un alone di fascino attorno alle sue fattezze fisiche (“Biondo era e bello e di gentile aspetto”, dira’ di lui il ‘sommo poeta’), ancora oggi continua a suscitare interrogativi in ordine al luogo della sua sepoltura.
La vicenda storica che porto’ alla morte di Manfredi il 26 febbraio 1266 a Benevento, ucciso dall’esercito francese di Carlo D’Angio’, chiamato da papa Clemente IV, e’ ben nota.
Incoronato re di Sicilia nel 1258, Manfredi per la Chiesa era un usurpatore perche’ aveva scavalcato il legittimo pretendente al trono, Corradino, figlio di Corrado IV, nominato nel testamento paterno erede del Regno Apulo-siculo.
Corradino, pero’, all’epoca dei fatti aveva solo cinque anni e Manfredi rivendicava per tale motivo la sua autorita’ oltre che contro l’Impero anche contro la Chiesa che, invece, il 6 gennaio 1266 incorono’ re di Sicilia Carlo D’Angio’, fratello del Re di Francia Luigi IX, detto ‘Il Santo’.
Di qui l’origine dell’aspra contesa, nota come ‘La Battaglia di Benevento’ che termino’ con la morte di Manfredi e la conseguente conquista angioina del Regno di Sicilia.
Il corpo del ghibellino fu trovato ed identificato dopo due giorni di strenua ricerca tra le migliaia di soldati caduti sul campo di battaglia.
Fin qui i fatti narrati dai numerosi studiosi che si sono succeduti nel tempo sui quali non ci sono dubbi di sorta; il mistero, ancora irrisolto nonostante il notevole decorso del tempo, riguarda il luogo di sepoltura ed, in particolare, il ponte, mai nominato, presso il quale fu sistemato il cadavere di Manfredi. Di quale ponte si tratta ?
Serafina Pascarella, in un libro pubblicato nel febbraio 1985 (“Sulle orme di Manfredi di Svevia”, edizioni C.Edi.M. -Milano) diede una sua personale interpretazione dei fatti storici, come “…persona assolutamente non addetta ai lavori, ma che con molto amore, e tenacia e perseveranza s’e’ presa la briga di studiare per lunghi anni decine di testi, di controllare e ricontrollare le varie versioni dei fatti (di autori italiani, francesi, tedeschi) di esaminare di persona con carte e sopralluoghi le diverse ubicazioni dei luoghi di volta in volta ritenuti sede della battaglia…”.
Con grande umilta’ la compianta dottoressa si propose di essere di stimolo agli esperti ed agli storici per chiarire la controversa questione precisando di attenersi esclusivamente ai documenti e testimoni (anche partecipi degli eventi) senza dare troppo peso a soggetti posteriori e lontani dagli avvenimenti “…che deformarono la verita’ per passione politica o per insufficienza d’informazioni, costruendo la complessa leggenda  nella quale gli eventi diventano quasi irriconoscibili…”.
Sulla base di tali premesse, Serafina Pascarella confuto’ le teorie di illustri predecessori, tra i quali il Borgia e lo Zazo, e portando a giustificazione della sua convinzione l’esame di fonti dirette, provenienti direttamente dai protagonisti della battaglia, e cioe’ le lettere di Carlo D’Angio’ al papa Clemente IV, quella di Ugo De Baussay ai nobili d’Angio’ e di Tours, un atto notarile del notaio beneventano De Maurellis, datato 5 marzo 1266, a meno di dieci giorni dalla battaglia, ed infine la dinamica degli avvenimenti storici, giunse alla conclusione che il ponte presso il quale fu sepolto Manfredi fu il Ponte Fratto di contrada Pantano.
Riportiamo un passaggio significativo delle considerazioni della Pascarella:
“…La minaccia di un attacco alle spalle e poi la marcia contemporanea di due eserciti nemici presso lo stesso obiettivo imponevano delle precauzioni all’invasore, il quale per la verita’ ne prese molte, evitando con cura le valli del Volturno e del Calore che costituivano l’accesso piu’ agevole verso la regione beneventana.
Infatti l’Angioino, gia’ a corto di mezzi e di vettovaglie, preferi’ esporsi ai disagi e alle insidie di luoghi sconosciuti per evitare ogni eventuale contatto col nemico.
Sappiamo percio’ con certezza che Carlo D’Angio’ aveva raggiunto Benevento passando attraverso le montagne dell’Alto Sannio per Piedimonte, Alife e Telese e si sarebbe attestato su di un colle dal quale poteva vedere l’esercito di Manfredi “mirabilmente ordinato a battaglia” in una vasta piana di contro la citta’.
Ora il colle che corrisponde a questi requisiti e’ quello di S.Vitale che domina dall’alto e l’ampia piana di Roseto da un lato e quella di Pantano con la confluenza del Sabato e del Calore, posti “di contro alla citta’ ” e si trova a settentrione della citta’.
Inoltre la piana di Roseto sufficientemente ampia per consentire lo spostamento veloce delle cavallerie costituite da circa 20000 uomini complessivamente, quali erano appunto quelle di Carlo e di Manfredi insieme, che nella loro corsa potevano cosi’, avvicinandosi alla citta’, spostarsi in contrada Pantano, dove la fase decisiva della battaglia avrebbe visto la morte di Manfredi.
E il ponte Fratto di cui sono ancora visibili i resti in contrada Pantano, essere il ponte presso il quale sarebbe stato sepolto Manfredi.
Inoltre, particolare tutt’altro che insignificante, il ponte Fratto, che all’epoca si chiamava Pons Maior era il ponte traverso il quale giungeva a Benevento la Via Latina proveniente da S. Germano.
Quella stessa fortezza di S. Germano che per ultima aveva opposto resistenza a Carlo, la strada dunque che Carlo aveva percorsa per giungere a Benevento.
Sono troppe le coincidenze per non farcene vedere tutta la suggestione…”.
A ricordo dell’evento, l’amministrazione comunale qualche decennio fa fece erigere dal compianto scultore Bruno Mistrangelo un bassorilievo all’estremita’ del ponte vanvitelliano sul Calore mentre un dipinto realizzato nel 1838 dall’artista Giuseppe Bezzuoli e raffigurante il ritrovamento del corpo di Manfredi fa’ bella mostra di se’ nella Sala Vergineo del Museo del Sannio di Benevento.
La stele col bassorilievo dello scultore Bruno Mistrangelo